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Botti di Capodanno, la mano dei bambini rischia grosso

La notte di Capodanno, come da tradizione, si accendono fuochi, e tanti si improvvisano esperti pirotecnici maneggiando botti, razzi, bengala e via dicendo. I petardi a volte ti scoppiano in mano provocando lacerazioni, fratture e ustioni. Le statistiche sembrano un bollettino di guerra: si registrano amputazioni, dita da riattaccare, ferite da ricucire. Allo scopo di fare prevenzione attraverso una campagna informativa capillare il Gruppo MultiMedica ha diffuso un video accompagnato da uno slogan: “Prendi in mano la tua vita, non i botti”.

“Da noi all’ospedale San Giuseppe di Milano arrivano i casi più complessi, quasi sempre dopo Capodanno abbiamo mediamente tre giorni ininterrotti di sala operatoria”, ha dichiarato il professor Giorgio Pajardi, direttore della Chirurgia della Mano del Gruppo MultiMedica. “In caso di infortunio per ferite da scoppio abbiamo danni alle mani, al volto, agli occhi e all'udito. Per quanto riguarda la mano, le conseguenze più ricorrenti sono un trauma di tipo bellico: i tessuti si bruciano, coinvolgendo ossa, tendini, nervi. Per quanto le ricostruzioni chirurgiche oggi possano fare molto, le lesioni a volte sono irreversibili e si tende a sottovalutare l’entità del problema“.

Alla luce di questo, vale la pena ricordare alcune semplici regole utili a evitare l’irreparabile: comprare petardi solo da rivenditori autorizzati che riportino il marchio CE e utilizzarli rigorosamente all'aperto. Mai raccogliere oggetti inesplosi, anche a distanza di giorni dalla notte di Capodanno. La polvere pirica può deflagrare in qualsiasi momento. Il problema riguarda tutti, ma soprattutto i bambini che li raccolgono da terra. Anche le miccette apparentemente più inoffensive possono diventare pericolosissime, se unite: mai accorpare i botti o mischiare le polveri esplosive.

“Se qualcosa va storto e si verifica un incidente – ricorda infine Pajardi – rivolgersi sempre ai centri di riferimento della Società Italiana di Chirurgia della Mano, ogni Regione ne ha almeno uno. Sono strutture dove operano specialisti in grado di eseguire interventi microchirurgici di salvataggio, che preservano il più possibile la funzionalità dell’arto leso”.

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