Anoressia, fuori dall’ospedale fare riabilitazione
Laura Dalla Ragione, psichiatra, come ha appreso la notizia del ragazzo di Torino sopraffatto dall’anoressia?
«Dai resoconti, sono referente del Ministero della Salute sui disturbi del comportamento alimentare».
Questo grido di dolore dei genitori di Lorenzo?
«Ogni regione dovrebbe comprendere una rete di assistenza su quattro livelli: ambulatori, servizi ospedalieri salvavita, strutture residenziali e semiresidenziali. In una buona metà di regioni italiane questi livelli sono garantiti gratuitamente, con servizi pubblici o privati convenzionati, in altre regioni sono carenti. La Regione Piemonte ha servizi ambulatoriali e ospedalieri. Manca la parte residenziale».
Lo pensa lei?
«Lo dice il ministero, vedi anche al sito www.disturbialimentarionline. it laddove riporta la mappa dei centri accreditati».
I genitori brancolavano nel buio.
«Dal racconto sembra di sì. Un paziente come questo, dimesso dall'ospedale, ha bisogno di presa in carico in un centro territoriale per la riabilitazione, è inimmaginabile che rientri automaticamente a casa».
Lei dirige la Rete disturbi alimentari Umbria 1, nel vostro Centro arrivano pazienti da ogni parte d’Italia. Le migrazioni sanitarie sono un fenomeno diffuso?
«Sempre meno perché le famiglie riferiscono grosse difficoltà a ottenere l’autorizzazione ai ricoveri fuori regione».
Con la riabilitazione il ragazzo torinese si poteva salvare?
«Diciamo che avrebbe avuto molte più probabilità di farcela. L’anoressia è la seconda causa di morte negli adolescenti dopo gli incidenti stradali. Parliamo di una patologia trattabile, se assicuriamo continuità terapeutica e sorveglianza. Ci si ammala in misura uguale ovunque, dal Nord al Sud, ma il tasso di mortalità varia sensibilmente da regione a regione, strettamente collegato alla presenza o meno di una rete di servizi».
Ci sono tanti genitori disperati per i loro figli, che fare?
«Rivolgersi al numero verde del ministero 800-180969 ai primi segni. Chi soffre inizia a mangiare meno, a fare molta attività fisica, a procurarsi il vomito, è un problema psichiatrico, con un vistoso cambiamento di carattere. Depressioni moderne. Persone che erano brillanti, solari, diventano tristi, introverse, svogliate, socialmente chiuse».
Si pensa all'anoressia in chiave femminile.
«Una volta i maschi anoressici erano l’uno per cento della popolazione malata. Oggi il dieci per cento, ma se andiamo a vedere tra i 12 e i 17 anni sono il venti per cento, otto femmine due maschi. Tra quindici anni non sarà più un disturbo di genere».
Alessandro Malpelo
QN Quotidiano Nazionale
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