Rapporto medico paziente, la fiducia al centro
Esiste un tema cruciale che emerge puntualmente dalle pagine che trattano della nostra salute, è l’etica dell’informazione scientifica e la tutela del rapporto di fiducia tra medico e paziente. Viviamo in un’epoca in cui le notizie sono accessibili a tutti, ma non necessariamente queste sono corrette o verificate, e anche quando appaiono palesemente artefatte, interessate o fuorvianti possono confondere la platea dei lettori. Può accadere ad esempio a una persona che ha appena ricevuto una diagnosi di tumore. La prima istintiva tentazione è spesso quella di lanciarsi sui motori di ricerca per reperire informazioni online, coinvolgendo amici e familiari nel tam-tam. Purtroppo, il web è un mare magnum, ricco di risorse ma attraversato al tempo stesso da leggende, bufale che finiscono per configurarsi come trappole. In questo contesto resta autorevole il ruolo del medico, con la sua esperienza e la capacità di valutare caso per caso, una guida, capace di interpretare dati oggettivi, smascherando eventuali raggiri.
Facciamo ora l’esempio dei vaccini. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una proliferazione di commenti sballati in tema di immunologia. Questo parlare per approssimazioni ha avuto ripercussioni negative sulle coperture vaccinali, basti pensare al ritorno di fiamma del morbillo o ai colpi di coda del Covid. In mezzo al circo mediatico il luminare in camice bianco è per definizione un opinion leader, deve quindi riuscire a porsi come comunicatore efficace, elevarsi in modo da spiegare con chiarezza le cose, supportato da una solida base di dati. La diagnosi di tumore, si diceva prima, è uno dei banchi di prova in oncologia, un verdetto inquietante per chiunque si trovi di punto in bianco a vivere la condizione di malato. In questo frangente, è essenziale che il medico fornisca informazioni accurate, evitando tecnicismi che potrebbero indurre il paziente ad ascoltare voci alternative che conducono tra le braccia dei ciarlatani.
Ma come possiamo garantire una corretta informazione considerando le variabili che entrano in gioco? Medici, giornalisti, comunicatori, influencer e associazioni pazienti hanno un comune interesse, quello di veicolare informazioni provenienti da fonti attendibili. Quindi, prima di tutto, occorre fare uno sforzo per documentarsi. La medicina e la farmaceutica sono in continua evoluzione, e quello che era valido ieri potrebbe essere superato oggi o domani. Rispondere alle questioni aperte dell’etica e della deontologia dell’informazione per la salute nell’epoca delle fake news e dell’intelligenza artificiale: questo lo scopo del corso intitolato “Etica dell’informazione: la sfida contemporanea del giornalismo scientifico” che si è tenuto a Bologna, seminario promosso dalla Fondazione Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna, tenuto da un panel di esperti coordinato da Luca Telese, giornalista e conduttore televisivo. Telese si è confrontato subito con Silvestro Ramunno, presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna, che ha fatto gli onori di casa, sottolineando l’importanza della formazione continua per i comunicatori in senso lato, soprattutto in un periodo storico in cui il disordine informativo può avere conseguenze serie sulle scelte riguardanti la nostra salute. L’intelligenza artificiale è una risorsa sulla quale occorre interrogarsi. Gli algoritmi possono aiutare a filtrare e verificare le notizie, ma potrebbero anche essere strumentalizzati.
Un tema centrale del dibattito è l’infodemia, la sovrabbondanza di informazioni scarsamente verificate che può confondere il lettore. Gli esperti hanno evidenziato l’importanza di una comunicazione basata su evidenze scientifiche, soprattutto in ambiti delicati come l’infettivologia e l’oncologia. In definitiva il corso, realizzato in collaborazione con l'agenzia formativa HC Training di Roma, e con il supporto incondizionato di Pfizer, ha messo in relazione l’etica dell’informazione medico-scientifica con la tutela del rapporto di fiducia tra medico e paziente. In un mondo spesso frastornato dalla disinformazione, il medico è una fonte di nozioni accurate, in grado di garantire una salute migliore per tutti.
Per la cronaca sono intervenuti al seminario Gianluca Pistore, divulgatore e presidente dell’Associazione MelanomaDay, Marco Dotti, docente universitario di sociologia, Daniela Minerva, giornalista di fama internazionale, e Michelangelo Coltelli, fact checker e fondatore di BUTAC. Massimo Alesii (Ferpi) ha introdotto un contributo video del professor Walter Quattrociocchi sulle problematiche connesse all’infodemia e alle storture dei social network. Nel corso del seminario abbiamo affrontato il tema cruciale della attendibilità delle fonti insieme a Claudio Zamagni, responsabile dell'Oncologia Medica al Sant’Orsola di Bologna, e Roberto Sabbatini, titolare del day hospital oncologico del Policlinico di Modena e coordinatore AIOM Emilia-Romagna. In questa cornice abbiamo citato a più riprese i documenti di indirizzo dell'Unamsi, Unione nazionale medico scientifica di informazione, sodalizio presieduto da Nicola Miglino, che riunisce i nomi più affermati dell'editoria nel settore salute, ed è a sua volta ente formatore accreditato dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti. “La fiducia è alla base della comunicazione medico-paziente in un contesto esterno dominato dal disordine informativo”, ha sottolineato Claudio Zamagni. “Dobbiamo affrontare le fake news con rigore scientifico e umanità”. Comunicare in modo empatico può, infatti, aiutare a distinguere tra le informazioni accurate e quelle decisamente false. Inoltre, una comunicazione aperta basata sulla fiducia può incoraggiare il paziente a condividere le proprie preoccupazioni, permettendo al medico di fornire precisazioni corrette, puntuali, personalizzate. “La comunicazione della diagnosi varia notevolmente in base al genere e all’età del paziente”, ha aggiunto Roberto Sabbatini. “Le donne sono più propense al dialogo, mentre gli uomini tendenzialmente sono portati a schivare il confronto, e vivono la diagnosi di tumore come una minaccia alla propria identità”. Dal seminario è emerso tra l'altro che grazie alle iniziative di prevenzione e alle campagne promosse sul territorio si sono ottenuti buoni risultati per quanto riguarda gli screening del tumore al seno. Come rovescio della medaglia, nella sfera urogenitale maschile esiste ancora una certa ritrosia a parlare dei problemi emergenti, un retaggio culturale che diventa evidente nel caso del tumore della prostata, come hanno evidenziato i due specialisti.