Diabete, con le parole inclusive migliore aderenza alla terapia
La comunicazione gioca un ruolo cruciale nella gestione del diabete, una affezione cronica che tocca profondamente la vita di chi ne è affetto. Al congresso della Società Italiana di Diabetologia (SID), svoltosi a Rimini, è stato affrontato tra gli altri il tema dell'importanza di un linguaggio chiaro e rispettoso nei riguardi dei pazienti. "Da tempo raccomandiamo un atteggiamento inclusivo, per evitare di etichettare una persona come la sua condizione. È bene coltivare una comunicazione che eviti di insinuare responsabilità o sensi di colpa verso la persona con diabete," ha dichiarato Angelo Avogaro, presidente SID. Liliana Indelicato, psicologa e coordinatrice del gruppo di lavoro "Psicologia e Diabete" della SID, ha aggiunto che espressioni del tipo cattivo controllo glicemico attribuiscono una responsabilità diretta alla persona con diabete, mentre sappiamo che i valori delle analisi cambiano in risposta a molteplici fattori, ormonali, farmacologici, emotivi, legati all'alimentazione o all'attività fisica, indipendentemente dal comportamento individuale. Inoltre, il diabete ha un andamento progressivo che può necessitare nel tempo di cambiamenti di terapia". I termini utilizzati da medici e operatori sanitari possono determinare un condizionamento. Un linguaggio improprio può compromettere l'aderenza alla terapia, incidono sulla motivazione a prendersi cura di sé. Frasi come "cattivo controllo" o "fallimento terapeutico" ribadiscono un senso di colpa, e possono anche minare l'autostima, influenzando negativamente la cosiddetta self-efficacy, che è riconosciuta come un fattore determinante per il buon esito del trattamento. Viceversa, un linguaggio inclusivo, orientato verso la persona e le sue esigenze, si è dimostrato efficace nell'incrementare la motivazione e migliorare i risultati.
Espressioni come "dobbiamo lavorare insieme per trovare il migliore approccio" o "facciamo progressi" possono trasformare la relazione fra medico e paziente, rendendola più collaborativa ed empatica. Considerando tutto ciò, emerge una importante riflessione antropologica esistenziale. Come esseri umani, ci troviamo a dover affrontare momenti di fragilità emotiva, e la nostra dignità in quanto individui merita di essere riconosciuta e sostenuta. La parola è uno strumento potente, capace di costruire ponti o di erigere barriere. L'approccio empatico, basato su un linguaggio rispettoso, come si desume dal position statement dei diabetologi della SID, offre un valido sostegno finalizzato nondimeno alla aderenza alla terapia, e determina un riconoscimento delle qualità interiori della persona nella sua totalità. La società ha il dovere di promuovere un linguaggio inclusivo, educare alla comprensione dell'altro, smantellando stereotipi e pregiudizi. L'esperienza del malato di diabete, così come quella di chi vive altri momenti di vulnerabilità per altri tipi di malattia, può essere arricchita da una comunicazione che incoraggia e sostiene, piuttosto che condanna. Riflettendo sugli atteggiamenti da tenere, possiamo abbracciare un futuro in cui il dialogo diventi il fondamento di relazioni autentiche, capaci di trasformare la gestione delle malattie croniche in un percorso condiviso di crescita e benessere.