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Emicrania, sette anni per curare un mal di testa

Una persona che soffre di emicrania sopporta in media sette anni il dolore prima che sia riconosciuta la causa e individuata una cura, per l'uomo il tempo che intercorre tra la comparsa dei sintomi ricorrenti e la diagnosi è di quattro anni. Si tende a sottovalutare l'impatto della malattia. L'osservazione è scaturita dall'iniziativa promossa a Milano dal Master Sgp dell'Università di Roma, La Sapienza. "L'uomo è l'unico essere vivente ad accusare l'emicrania - spiega Pietro Cortelli, professore di neurologia all'Università di Bologna - È una forma di cefalea ricorrente, con attacchi di durata variabile, da quattro a 72 ore, localizzata in un emisfero del capo, con dolore pulsante, e associata a nausea, vomito, fastidio a rumore e luce». A soffrirne nel mondo sono oltre 90 milioni di persone, di cui 7 milioni in Italia. La prevalenza nel nostro paese è del 9% negli uomini, e quasi quadrupla nelle donne. Il problema principale, denunciato dai pazienti, è il modo in cui sono disattesi i segnali di sofferenza. «Passa molto tempo prima di ricevere una diagnosi - ha aggiunto Ketty Vaccaro, responsabile area Welfare del Censis, presentando i dati su un'indagine condotta su 700 malati - Solo il 36% la definisce una malattia, per gli altri invece è un sintomo di altro». E anche se è la seconda malattia più disabilitante per l'essere umano, ha conseguenze sul lavoro e sullo studio. «La maggior parte delle persone affette da emicrania - aggiunge Cortelli - non si assenta dal lavoro, ci va lo stesso anche se rende meno». Quello che però serve, conclude Lara Merighi, di Al.Ce (Alleanza Cefalagici), «è essere compresi, che l'emicrania venga riconosciuta come malattia sociale e che sui media si diano informazioni corrette».

Adesso, dopo quasi venti anni dall’ingresso dei triptani, una svolta nei trattamenti potrebbe cambiare la storia naturale dell’emicrania. Da pochi mesi č arrivata una nuova classe di farmaci, i primi anticorpi monoclonali per la prevenzione dell’attacco cefalalgico acuto. «Gli anticorpi monoclonali anti-CGRP, che vengono somministrati mensilmente per via sottocutanea, si utilizzano nella terapia di profilassi – spiega Elio Clemente Agostoni, Niguarda Neuro Center – Si tratta di farmaci diretti contro la proteina CGRP, un potente vasodilatatore, bloccano il legame della proteina sul suo recettore, inibiscono la dilatazione vasale e l’infiammazione, in molti casi azzerano la crisi cefalalgica, con un buon profilo di sicurezza. L’emicrania č una malattia che deve essere curata anche perché oltre all'impatto economico, stravolge la vita delle persone».

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