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Conoscere e curare il cuore, riflettori puntati su aritmie, infarto e prevenzione dell’arresto cardiaco

Conoscere e curare il cuore, congresso di cardiologia alla Fortezza da Basso di Firenze, ha tagliato il traguardo dei suoi primi quarant'anni, la prima edizione risale infatti al lontano 1982. Un motivo d'orgoglio per Francesco Prati, presidente della Fondazione Centro lotta contro l'infarto, che ha aperto la tradizionale conferenza stampa, moderata da Luciano Onder, affrontando il tema cruciale delle aritmie e dell'arresto cardiaco nei soggetti sopravvissuti a un primo infarto.

 

Grazie alle moderne procedure di emodinamica i pazienti infartuati, accompagnati tempestivamente in ospedali opportunamente attrezzati, si salvano e tornano a condurre una vita normale. Ma dietro l'angolo c'è sempre l'assillo di dover abbassare di molto i livelli di colesterolo nel sangue, e la preoccupazione che la cicatrice che si forma dentro al cuore, in corrispondenza della lesione ischemica, sia foriera di complicanze: “La prevenzione della morte improvvisa – ha sottolineato il professor Prati - ha un ruolo centrale nei percorsi di prevenzione secondaria nei soggetti con pregressa cardiopatia ischemica”.

 

È opinione diffusa che la causa delle aritmie spesso fatali, che insorgono come un fulmine a ciel sereno, sia rappresentata essenzialmente dalle complicanze della placca aterosclerotica nelle arterie coronarie. “Studi recenti hanno messo in discussione tuttavia questo aspetto – ha precisato il noto cardiologo - ponendo l'accento anche su altre cause, ovvero le aritmie ventricolari, che possono portare all'arresto cardiaco”. La discussione scaturita da tali osservazioni ha tenuto banco nel corso di una intera giornata di studi.

 

Un altro tema cruciale, trattato nel corso dell'assise dei cardiologi, ha riguardato i danni a carico di cuore e arterie provocati da una prolungata esposizione all'inquinamento atmosferico. Le polveri sottili, e i composti chimici dispersi nell'aria, entrano in circolo attraverso bronchi e polmoni, e possono attaccare poi l'apparato cardiocircolatorio, con tutte le conseguenze del caso, attraverso meccanismi fisiopatologici che finora erano stati sottovalutati.

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