Notizie di poesia

Premi. Strepitosa Valduga: a lei lo ‘speciale’ del ‘Castelfiorentino’

VEDI IL VIDEO Patrizia Valduga dice Patrizia Valduga

Patrizia Valduga

Firenze, 8 giugno 2012 - È Patrizia Valduga la vincitrice del premio speciale alla carriera della XIV edizione del Premio Letterario Castelfiorentino. L’hanno preceduta nelle passate edizioni, stilando un invidiabile albo d'oro novecentesco, poeti e scrittori del calibro di Mario Luzi, Maria Luisa Spaziani, Edoardo Sanguineti, Dacia Maraini, Tonino Guerra, Claudio Magris, Franco Loi, Vincenzo Cerami, Alberto Bevilacqua, Alberto Arbasino e Andrea Camilleri.La premiazione avrà luogo sabato 9 giugno, alle ore 21, al Teatro del Popolo di Castelfiorentino.

Poetessa di origini venete naturalmente dotata e molto colta, attraverso una personalissima ricerca stilistica iniziata con Medicamenta (Guanda 1982), Patrizia Valduga ha fatto propria la crisi del linguaggio poetico moderno, sortendo esiti originali e qualitativamente rimarchevoli tramite un deliberato recupero delle forme più illustri della nostra tradizione: sonetti, madrigali, sestine, ottave e terzine, in cui l’antico e il moderno, l’aulico e il quotidiano, il sublime e il volgare, si coniugano ed efficacemente si contaminano.

Dopo La tentazione (Crocetti 1985) e i testi aggiunti a Medicamenta e altri medicamenta (Einaudi 1989), il monologo in endecasillabi Donna di dolori (Mondadori 1991) conferma tra poesia e teatro, tra parola e azione questa strenua vocazione al canto di ispirazione erotico-funeraria. Diverso il tono di Requiem (Marsilio 1994), poemetto in ottave scritte per la morte del padre, dove l’esperienza immanente della morte volge l’originaria fascinazione manieristica della dizione poetica nella misura di una naturale, sconvolta effusività.

Con le raccolte successive, Cento quartine e altre storie d’amore (Einaudi 1997), Quartine. Seconda centuria (Einaudi 2001), Manfred (con la collaborazione del pittore Giovanni Manfredini, Mondadori 2003), Lezione d’amore (Einaudi 2004), si riattiva in forme metriche sempre più elaborate la schermaglia della scrittura. Nell'atto unico Corsia degli incurabili (Garzanti 1996, raccolto in Prima antologia, Einaudi 1999, e al pari di Donna di dolori rappresentato con successo in teatro) è di scena un malato terminale – «una persona», indistintamente «uomo o donna», come si precisa ad apertura del testo – che dal suo letto di ospedale dà voce ai propri pensieri nel metro del sirventese classico, raccontando tra l’invettiva e la preghiera, la confessione del proprio io e lo sdegno, la degradata attualità del nostro paese, tra corruzione delle istituzioni e decadenza della cultura e della lingua.

Nel 2006 la Valduga firma la Postfazione agli Ultimi versi di Giovanni Raboni, che comprende le poesie composte nell’estate del 2004, durante la malattia del poeta milanese di cui per ventiquattro anni l'autrice è stata l'amatissima compagna. Sono i «versi veri e vivi» che oggi aprono il Libro delle laudi (Einaudi 2012), un nuovo, intenso canzoniere d'amore che rilancia sulla scia dei laudari antichi il furor sacro di un sorprendente dono ispirativo accondisceso e, insieme, di una moderna coscienza poetica.

Marco Marchi

Da «Corsia degli incurabili»

Amore dove sei? sto così male...
Quest'alba che non viene è un tuo segnale?
Del cuore non ho più il chi e il quale

e del resto infinito abituale...
Alcuni versi del mio memoriale.
Amore senza amore, criminale,

saluta pure tu l'alba immortale!
Io non posso farti bene del male
così, senza il magnetismo visuale,

così, da questa dimora infernale
dove il malato è detto "terminale"…
La loro lingua, sempre più triviale!

Dicevo, amore mio, sto così male…
Era il male d'amore, il più banale.
A me il male si getta con le pale, 

mi seppellisce, dicevo, animale...
Adesso basta con le rime in ale!
Incurante di me, lassù, risale...

Ancora? basta, ho detto... la mia aurora,
la bella aurora, riposata, eguale.
Non stavo mica tanto male allora...

Ma, a forza di ripeterlo, si sa,
si finisce col crederlo, ed è fatta.
E' il principio della pubblicità.

Perché non è la vera infermità,
perché è malizia ed arroganza matta,
pietà... pietà... che sete di pietà

in un povero corpo che si sfa...
... allora, quando studiavo a Venezia.
Venezia! Oh! ti rivedo, mia città

prediletta, funereo fresco fiore
in estati di sole che si screzia
sulle mie beatitudini d'amore!

Quella era l'epoca del mio splendore:
vivevo giorni vividi e sereni,
vivevo notti di trecento ore...

Tutto l'azzurro e tutto l'oro... Azzurro,
da un'altra vita della vita, vieni,
vieni a fare il mio cuore tutto azzurro! 

Oh, tutto azzurro... tutto pieno d'oro...
azzurro e oro... e tutto trascolora...
Anima mia, mia luce e mio tesoro,

se non mi amavi allora, amami ora...
tra azzurro e oro... al sangue dell'aurora...
col sangue... oh, più insanguinati ancora...

Fammi annegare, amore, nel tuo amore...
d'azzurro e oro... e ora trascolora...
Io vivo quando muoio per amore!

in quell'azzurro tutto pieno d'oro...
io tramontavo... e tutto trascolora...
aspetta ancora azzurro, ancora imploro...

tramontavo nel sangue dell'aurora...
nell'azzurro e nell'oro... ad implorare...
tu non mi amavi, non mi amavi ancora...

tu tenevi in custodia la tua vita...
Tesoro, aspetta... sì, fammi tremare
e palpitare sotto le tue dita...

Rimetteremo in moto cento cieli...
d'oro e d'azzurro...oh, d'azzurro e d'oro...
se staremo distesi e paralleli...

sì, mettimi una mano tra i capelli...
sto migliorando... vedi che miglioro...
cuore ferito da mille coltelli

che mi sanguina ancora... azzurro e oro...
che sanguina... tesoro, oh mio tesoro...

 

Da «Libro delle laudi»

Forse dovrei imparare a separare...
Ma tutto è unito... sono tutta unita...

sostanza e tempo sono inseparabili,
come misura e moto, organo e vita...

Avessi mani sopra tutto il corpo
e labbra sulla punta delle dita

o fossi straripante come i fiumi...
inonderei di ferita in ferita

la vita che mi sfugge volteggiando
sopra l’infanzia sempre mai finita...

 ***

Di luce in luce vengo verso te,
e la luce si fa sempre più chiara.

Poso la testa sopra i tuoi ginocchi…
Sto bene… Ce la faccio, anima cara…

Guarda! Il cielo è sereno… È tutta luce
la neve sulle cime dello Schiara!

Patrizia Valduga

Su Patrizia Valduga vedi anche il post Sublime Valduga

comments powered by Disqus