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Capolavori senza tempo. ‘Il sogno’ di John Donne

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John Donne

FIrenze, 18 giugno 2012

Il sogno

Per nessun altro, amore, avrei spezzato
questo beato sogno.
Buon tema per la ragione,
troppo forte per la fantasia.
Fosti saggia a svegliarmi. E tuttavia
tu non spezzi il mio sogno, lo prolunghi.
Tu così vera che pensarti basta
per fare veri i sogni e le favole storia.
Entra fra queste braccia. Se ti parve
meglio per me non sognar tutto il sogno,
ora viviamo il resto.

Come un lampo o un bagliore di candela
i tuoi occhi, non già il rumore, mi destarono.
Pure (giacché ami il vero)
io ti credetti sulle prime un angelo.
Ma quando vidi che mi vedevi in cuore,
sapevi i miei pensieri oltre l’arte di un angelo,
quando sapesti il sogno, quano sapesti quando
la troppa gioia mi avrebbe destato
e venisti, confesso che profano
sarebbe stato crederti qualcos’altro da te.

Il venire, il restare ti rivelò: tu sola.
Ma ora il levarti mi fa 
dubitare
che tu non sia più tu.
Debole quell'amore di cui più forte è la paura,
e non è tutto spirito limpido e valoroso
se è misto di timore, di pudore, di onore.
Forse, come le torce 
che debbono esser pronte
sono accese e rispente, così tu tratti me.
Venisti per accendermi, vai per venire. Ed io
sognerò nuovamente
quella speranza, ma per non morire.

John Donne

(da Poesie amorose, poesie teologiche, traduzione di Cristina Campo, Einaudi 1971)

 

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