Firenze, 3 marzo 2013  E’ risultato  Sei insostituibile. ‘Supplica a mia madre’ di Pier Paolo Pasolini il post del mese di febbraio. Al secondo posto  secondo posto tra post!  Luzi. L’anniversario e le carte; al terzo Compleanno Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888). ‘I fiumi’.

E’ davvero un bel podio, internamente relazionato e suggestivo. Viene in mente l’intelligente, appassionata recensione in chiave militante di Pasolini a un libro di Luzi come Onore del vero (la si può leggere raccolta in Passione e ideologia); vengono in mente le lettere con cui anni prima il giovanissimo Pasolini aveva cercato in Ungaretti e in un critico ungarettianamente affiatato come Giuseppe De Robertis l’approvazione e l’incoraggiamento necessari al proprio inaugurato lavoro di poeta

E vengono in mente gli articoli venuti molti anni dopo con i quali il Pasolini poeticamente deluso e disilluso del «Caos» parlava del vecchio Giuseppe Ungaretti nei termini di un incorreggibile, magnifico fanciullo

Buona rilettura del «post dei post» di febbraio, ora con tutti i vostri variegati, penetranti commenti (e altri potete aggiungerne).

Marco Marchi

Sei insostituibile. ‘Supplica a mia madre’ di Pier Paolo Pasolini

VEDI I VIDEO “Supplica a mia madre” letta da Pasolini , Susanna Colussi come Maria nel “Vangelo secondo Matteo” , “Supplica a mia madre” in una elaborazione video con immagini da “Mamma Roma” , … e secondo Diamanda Galás

Supplica a mia madre

E’ difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

Pier Paolo Pasolini 

(da Poesia in forma di rosa, 1964)

Leggi il post correlato Ma la Bellezza è Bellezza. ‘La Guinea’ di Pier Paolo Pasolini

I COMMENTI

MarielladeiSilenzi
Insuperabile e struggente la confessione del poeta, il suo leggersi dentro e trovare nell’amore che esalta ed espande l’anima nell’universo il motivo della propria solitudine e della propria sofferenza.Nulla e nessuno potrà superare la differenza fra l’archetipo e i simulacri vuoti e vani che il vivere gli presenta. Il desiderio di amare non potrà aver risposta perché alla luce di questo amore di madre tutto perde colore e forza. Restano solo insulse scappatoie, necessarie e ricercate, che non coinvolgono l’anima e avvolgono ancor di più il suo essere nella solitudine insuperabile. Schiette, senza orpelli, le parole del poeta sgorgano in una confessione tanto sofferta e che tanta sofferenza porterà. Un’anima grande anche per quell’amore sua gioia e sua croce.

PIA
Ringrazio il curatore per le proposte fatte, dei versi e dei video che li corredano. Nella lettura, ho ribaltato il punto di vista del poeta e ho tentato di immedesimarmi nei sentimenti della madre. Mi sono vista troppo presente, troppo ingombrante, troppo morbosa. Il bilancio di un amore materno soffocante (“il tuo amore è la mia schiavitù”) è totalmente negativo,. L’oggetto dell’amore, il figlio appunto, condanna il modo con cui la donna l’ha costretto alla solitudine. La madre libera il figlio solo nel momento della morte.

TommasoMeozzi
Mi piacerebbe che la psicoanalisi parlasse un linguaggio più mite, ascoltasse queste parole e considerasse come l’amore per la madre può essere nobilitante. Distinguere “corpi senza anima” e un’anima “materna”, che vive del differimento del corpo… Forse un ulteriore passo può essere comprendere come anche quei corpi siano figli di una madre… Dalla grazia nasce l’angoscia del limite, ma non sono tutti i limiti nella grazia?

Giovannella
Un legame indissolubile, talmente forte da essere angosciante, che solo la scomparsa della madre può svincolare da questa oppressione. Un amore, dunque, che ha un prezzo altissimo, un amore che non ha vie d’uscita, così forte da soffocare. Vi è la consapevolezza del figlio, ma anche della madre……” Il tuo amore è la mia schiavitù”…..una schiavitù da cui il figlio può sottrarsi unicamente quando la figura materna scompare. Questa coscienza genera il sentimento di disperazione che suggella il finale della poesia, che definirei un’invocazione. E, inevitabilmente, mi vengono in mente le madri e i figli della prosa di Federigo Tozzi. I loro rapporti così esclusivi, vincolanti, dai quali i figli vorrebbero liberarsi, vissuti con sensi di colpa. Poiché liberarsene significa perdere la madre, il suo amore, la sua protezione. Significa crescere.

1Capecchi
Alberto Moravia con strazio disse “è morto un poeta, è morto una delle persone più buone e gentili che potevamo conoscere”. Non è la traduzione letterale ma ciò che rimane nella mia mente. Non mi si voglia, non è interessante. Pasolini disse anche che era profondamente cattolico e da questa poesia si capisce bene il suo profondo e arcaico sentimento cattolico. La purezza e la modestia con cui adempiva il suo dovere di uomo fra cittadini, le dolcezze ai suoi affetti, le relazioni con i massimi esponenti dei varii apparati di dominio e le relazioni con i borgatari. Gesù Cristo e Giuda Iscariota in un unica persona, vangeli canonici ed apocrifi in testi scritti e immagini in movimento. Un uomo, lui, che è riuscito ad esprimere grazie ad una vera e potente umiltà, le passioni dell’ animale più feroce e le gentilezze della persona più dolce, accompagnate da una lucidità percettiva, elaborativa e strategica che forse non siamo riusciti ad accettare.”E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame d’amore, dell’amore di corpi senza anima.” In questa poesia ci sono le molecole di un’ affetto “ho passato l’infanzia schiavo di questo senso alto, irrimediabile, di un impegno immenso.” che ha forze esterne di invisibili potenze; è un campo dove convergono centrifugamente, tempi emotivi, strutture emotive e spazi emotivi, di una relazione, quella del figlio e della madre, e delle tragedie che accorreranno in futuro.

PietroPaoloTarasco
Pasolini sceglie proprio la sua adorata madre per interpretare Maria da grande nell’indimenticabile film “Il Vangelo Secondo Matteo” girato nelle scene più belle proprio tra gli affascinanti Sassi di Matera. Nel suo volto la straziante sofferenza di una madre che vede suo figlio morire; quelle scene ti lasciano incantati e ammutoliti per la loro freschezza realistica. Una madre tanto amorevole che, a distanza di pochi anni, rivive, non su un set cinematografico, ma nella realtà, la struggente tragedia in cui è il proprio figlio ad essere ucciso brutalmente. La grandezza della poesia di Pasolini si evince proprio da quei fotogrammi del volto di sua madre, di Gesù e soprattutto di Maria da giovane. Si resta senza fiato da tanta poesia, da tanta bellezza. Nel 2011 a Matera si inaugurava una mostra fotografica, con immagini scattate durante le riprese del “Vangelo”, da me curata ed in quella occasione ho incontrato Mariangela Caruso (Maria da giovane) e Enrique Irazoqui (Gesù); i loro occhi, come allora, sprigionavano tanta bellezza e la loro emozione era ancora viva nel ricordo di quella irripetibile e magistrale esperienza con Pier Paolo…

almostblue
Solo un poeta può cantare il candore dell’iperbole e dell’aberrazione. Della bulimia d’amore “di corpi senza anima”. Perché l’anima da amare è una sola, e di un amore che è solitudine imperitura, principio di schiavitù ed angoscia, negazione d’altro amore.  Solo un poeta può stigmatizzare l’impulso di morte che risiede nell’atto creativo con un’incestuosa iunctura, come Pasolini in Petrolio: “Nello stesso tempo in cui progettavo e scrivevo il mio romanzo, cioè ricercavo il senso della realtà e ne prendevo possesso, proprio nell’atto creativo che tutto questo implicava, io desideravo anche di liberarmi di me stesso cioè di morire. Morire nella mia creazione: morire come in effetti si muore, di parto: morire, come in effetti si muore, eiaculando nel ventre materno”.

MassimilianoBertelli
Il materno è uno degli archetipi più potenti, anche nel nostro spazio-tempo distratto e caotico. E’ origine, è radice, è liquido amniotico primordiale. E’ vita, e proprio per questo Puro Amore. E nel corso della vita, rifugio, il nido al quale ritornare per obliare le molteplici avversità. Nido; e Pasolini era profondo conoscitore di Pascoli, oggetto, fra gli altri studi, anche della sua tesi di laurea. La cifra pascoliana è, con ogni probabilità, il tratto più evidente di questa lirica struggente.

giulietta
Cosa si può dire di questo capolavoro! è la tragedia di chi è condannato alla solitudine. La speranza è che anche per lui possa esserci una sorta di resurrezione, tuttavia la resurrezione qui non è una vera rinascita, ma soltanto una timida accettazione.

pepper
Ascoltata dalle sue corde, la struggente condanna d’amore e solitudine si tinge di lucida tragicità. Nella lettura anaffettiva, grazia ed angoscia sono poesia di una schiavitù consapevole: schietta, senza orpelli, “irrimediabile”. Alta e fatale: perché l’amore assoluto non può sopravvivere all’amato…

IsoladiFederigo
Dopo la dantesca “Vergine Madre, figlia del tuo figlio” ecco un’altra madre insostituibile, colei che si è presa del figlio, un figlio poeta, tutto l’amore: l’amore che porta alla croce. Un Pasolini evangelico e dantesco ad altissima quota. Insuperato.

tristan51
Come al solito esemplare, suggestiva e istruttiva la lettura dell’autore, notevole il terzo video, involontariamente sublime il quarto. Poco da dire sulle immagini dal “Vangelo”, un capolavoro.

stillafarota
Ciò che mi colpisce in questi versi è la solitudine, un’eredità pesante che suona come una condanna e che segnerà profondamente Pasolini fino all’ultimo giorno. Una solitudine inarrestabile e irreversibile; una progressiva perdita di quell’amore sorgivo, con il quale probabilmente si identifica una dimensione primigenia della realtà e, dunque, dell’arte che diviene nell’ultimo Pasolini irrintracciabile, se non – appunto – nella propria solitudine.

ErikaOlandeseVolante
In queste parole c’è una violenta semplicità, schietta, polita e per questo disarmante. Sono i versi di un figlio che rivela “ciò ch’è orrendo conoscere”: le potenzialità distruttive di un amore totalizzante.

Leggi il post correlato ‘Notizie di poesia’. Gennaio, il post del mese (con i commenti)

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