Mario LuziFirenze, 31 ottobre 2014 – E’ ‘Vola alta, parola’. Mario Luzi, cento anni il post del mese di ottobre. Giusta affermazione in concomitanza con l’anniversario del centenario della nascita del poeta, festeggiato all’esatta scadenza del 20 ottobre.

Così anche con la sua ideale classifica mensile il nostro blog rende onore al grande poeta fiorentino, lo celebra secondo le proprie modalità. Vittoria singolarmente significativa, confermata e se possibile accresciuta dal piazzamento sul podio di Rimbaud (con L’eternità ritrovata di Arthur Rimbaud) e di due classici indiscussi del nostro Novecento a far corona (pressoché alla pari) al classico venuto dopo di loro in quello stesso ventesimo secolo che li ha visti protagonisti: Montale e Ungaretti, medaglia di bronzo rispettivamente con Il girasole di Montale e Ungaretti e il pianto che non si vede.

Un prestigioso Novecento italiano, primo e secondo (in senso cronologico), in compagnia del simbolisticamente fondante Rimbaud, che questo mese trova conferma con un quarto posto di Palazzeschi (ex aequo con l’ottocentesco ma sempre attualissimo Leopardi: il primo grazie ai suoi scandalosi e irresistibili fiori, il secondo con il suo unico, allegorico “fiore del deserto”) e con una ravvicinata e ben affiatata doppietta all’inseguimento composta dal pascoliano Pasolini e da Pascoli. Tra i piazzamenti onorevoli – poco commentata ma molto votata, a dire il vero – la “notizia di poesia” relativa a San Francesco e il suo celebre “cantico”.

Al prossimo mese, e buona rilettura del post luziano corredato come al solito dei vostri commenti (tra cui ci piace segnalare quello breve ma intenso di m, che dice: “Per Luzi, inesauribile cantore dell’indicibile, la luce conserva la sua materialità, mentre la materia non perde mai la sua luce”)!

Marco Marchi

VEDI I VIDEO “Vola alta, parola…” secondo Francesco Oliveto , Tre poesie , Il trailer del documentario “In Toscana. Viaggio in versi con Mario Luzi” (2014)

Firenze, 20 ottobre 2014 – Articolo pubblicato su “QN” di oggi.

Mario Luzi, la poesia della vita. Nei suoi versi l’anima del ‘900

Cento anni esatti, oggi, dalla nascita di Mario Luzi. Un centenario denso di iniziative, che ha finora visto di volta in volta protagoniste nel tributare omaggi al poeta – oltre a Firenze – Siena ed altre località toscaneMilano con un convegno all’Università Cattolica e una lettura in Duomo, Mendrisio in Svizzera con due mostre. Ma già si annunciano, imminenti, una serata in onore presso il Senato organizzata dall’infaticabile amico e mecenate Paolo Andrea Mettel (mercoledì 22), un grande congresso internazionale sull’Ermetismo promosso a Firenze da Anna Dolfi (dal 27 al 31 del mese), una giornata luziana ad Arezzo l’8 novembre; perfino, a febbraio, auspice Fabio Finotti, uno sbarco di Luzi negli Stati Uniti, con una articolata serie di eventi celebrativi tra Philadelphia e New York.

Incontri di studio, rassegne e ricordi che proprio lunedì, allo scoccare del fatidico giorno, culmineranno oggi a Pienza con una testimonianza significativa e di indubbio prestigio come quella del maggiore poeta arabo contemporaneo, il siriano Adonis, ospite in compagnia dell’artista Marco Nereo Rotelli del «Centro Studi La Barca» e della splendida città-gioiello che tanto Luzi amava.

Una data da festeggiare, un anniversario di vita che ci rammenta che Mario Luzi è ancora tra noi con i suoi versi straordinari, ai vertici del Novecento: con un’opera di valore immenso da continuare a conoscere ed amare, a farci ancora da guida nei territori dell’esistenza che abbiamo attraversato con lui, con il suo esempio.

Luoghi da ripercorrere insieme, «dalle foci alle sorgenti», secondo quella regola eterna, anch’essa da lui appresa, della «fine» e del «ricominciamento»: quasi fossero le acque perenni di un unico fiume che continua a scorrere, permettendo alla nostra «barca» di viventi, il cui nocchiero è rimasto saldamente al nostro fianco, di «vedere il mondo», di coglierne il «sospiro profondo». Un’esaltante memoria di vita, da «poesia naturale», da poesia della trasformazione, del dramma e della speranza.

Frammenti di Novecento è il titolo di uno dei molti libri-intervista del poeta. Un titolo quanto mai in carattere con la poesia di Luzi, nel suo divaricarsi tra il plurale del «molteplice» e il singolare di un «unitario» alluso, che a quei frammenti, parte di un tutto, segretamente sovrintende. Come nei titoli del poeta, tutti giocati su questa stretta dinamica: Frasi e incisi di un canto salutarePer il battesimo dei nostri frammenti.

È stato Luzi e non altri, del resto, ad individuare con tempestività e chiarezza il sostanziale problema della poesia moderna nel confronto drammaticamente impostosi tra le ragioni del frammentario, del disgregato e del molteplice, e quelle dell’unitario. Un confronto storicamente montante, fattosi con il tempo solo più tragico e violento.

«La poesia – scriveva Luzi negli anni Cinquanta del secolo scorso – respira un profondo bisogno di unità laddove la vita psichica e la vita organizzata degli uomini d’oggi è estremamente frammentaria. Ma quella sintesi potrà operarsi oggi nella realtà quando manca ogni seria premessa a concepire integralmente il mondo come realtà che ha principio e termine in se stessa? Oppure la poesia dovrà adattarsi a vivere in sparsi e bruti frammenti?».

Ma la poesia di Luzi e l’alta riflessione a margine che ad essa si è costantemente accompagnata hanno saputo distinguere con sicurezza tra vivace, animato «frammento» e inerte, morto «frantume», e come l’autore ebbe una volta a dichiarare: «Ciò che unicamente ci rassicura è la vita in sé, lo spandersi continuo della vita sul pianeta nell’universo». Fino a questi mirabili versi di Seme, in Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini«Chi ordina? chi parla? / Non ha importanza chi sia / l’autore della vita, / la vita è anche il proprio autore. / La vita è».

Luzi è stato così l’ineccepibile, insostituibile messaggero di una vicenda di «creazione incessante» fra dolore e superiore fiducia: da testimone profetico del «giusto della vita», da insigne artefice e, insieme, da umile essere umano partecipe dell’«opera del mondo».

Marco Marchi

Vola alta, parola…

Vola alta, parola, cresci in profondità,
tocca nadir e zenith della tua significazione,
giacché talvolta lo puoi – sogno che la cosa esclami
nel buio della mente –
però non separarti
da me, non arrivare,
ti prego, a quel celestiale appuntamento
da sola, senza il caldo di me
o almeno il mio ricordo, sii
luce, non disabitata trasparenza…

La cosa e la sua anima? o la mia e la sua sofferenza?

Mario Luzi

(da Per il battesimo dei nostri frammenti)

I VOSTRI COMMENTI

Marco Capecchi
Non alienarti parola, sii carne della mia carne, sii me: profondità della poesia quando è alta come quella di Luzi.

Il mistero della parola, del suo essere simbolo fuggevole dell’ineffabile, via d’impalpabile comunicazione fra “il caldo” della materialità umana e la luce celeste del divino concetto risplende come un lampo fra questi brevi eppure intensissimi versi. Abbagliante.

Una intensa commovente preghiera per chi crede e per chi non crede, perché tutti noi – almeno per un soffio di vento – si è, o quantomeno si ha l’illusione di esistere. Una preghiera, dunque, perché la voce non rimanga vagito e il tutto trovi piena significanza non tanto nel suo inizio quanto nella sua fine. Eppure permane anche nel fiducioso Poeta il dubbio finale, l’interrogativo dell’angosciante irrimediabile scissione…

Giulia Bagnoli
Una poesia bellissima, che si colloca a metà della raccolta: 60 poesie la precedono e 60 la seguono. La parola poetica potrebbe fare a meno del poeta, perché esiste già. Il poeta chiede di poter partecipare alla nascita della parola, almeno col ricordo. La raccolta è tutta incentrata sul ricordo: strumento che ci permette di avvicinarsi alla verità; al Verbo.

tristan51
A quali altezze vola con te la poesia, quali profondità raggiunge, grandissimo Mario!

m
Per Luzi, inesauribile cantore dell’indicibile, la luce conserva la sua materialità, mentre la materia non perde mai la sua luce.

Duccio Mugnai
Ancora mi piace ricordare che Marchi ha definito Mario Luzi come “poeta lucente”. Davvero questa singola poesia, peraltro come tutta l’opera dell’autore, ce lo dimostra. Luzi è senza dubbio cristianamente religioso ed ispirato. Non tanto perché, ad esempio, ha collaborato a diverse riviste cattoliche, in primo luogo al “Frontespizio”, quanto per il fatto che la sua lirica trasuda abbondantemente di tale visione ideologica-esistenziale. E’ assolutamente chiara e cristallina una sua connessione poetico-culturale con la Bibbia, sia il Nuovo che il Vecchio Testamento. Quindi, l’importanza della parola creatrice, “dabar” in ebraico, che ci riporta alla Genesi e al Prologo del vangelo di Giovanni. Dunque, la lirica di Luzi è anche preghiera, una voce intensa che si rivolge a Dio, che è luce, invitandolo sia ad una generazione incessante ed eterna, sia a vincere il “buio della mente”. Una Parola- Dio, ripeto, che è vita e luce, con cui il poeta si augura di avere un dantesco e “celestiale appuntamento”.

Isola Difederigo
La poesia come dono, offerta amorosa di sé, vita che chiama altra vita; e un dono è stato ed è, per tutti, la poesia di Luzi. Lo ricordiamo con gratitudine e affetto, “nostro grande eterno Mario”.

Pietro Paolo Tarasco
Un pensiero, profondo.

Elisabetta Biondi Della Sdriscia
Con i versi liberi di “Vola alta,parola”, Luzi ci invita a penetrare con lui il mistero della creazione poetica, che è, insieme, divino e umano, celeste e terrestre. “Vola alta, parola, cresci in profondità, / tocca nadir e zenit della tua significazione, / giacché talvolta lo puoi”: il poeta chiede alle sue parole di diventare Parola, di raggiungere, cioè, l’obbiettivo della piena significazione e, nello stesso tempo, di farsi spiegazione, testimonianza, proposta. La poesia si chiude con una domanda senza risposta, sospesa che esprime il dubbio tormentato di un artista instancabilmente alla ricerca della verità: “La cosa e la sua anima? o la mia e la sua sofferenza?”. Luzi si chiede, cioè, se la più profonda natura della poesia sia giungere all’anima, all’essenza più profonda delle cose o se non sia, invece, piuttosto quella di esprimere la sofferenza, delle cose e dell’uomo. Cento anni, dunque, dalla nascita di Luzi, ma la sua poesia profondamente attuale non li dimostra! Ermione.

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