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Nulla di ciò che accade e non ha volto. Anniversario Mario Luzi

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Firenze, 28 febbraio 2018 – Tredici anni fa, il 28 febbraio 2005, nella sua casa di Bellariva moriva a Firenze Mario Luzi. Se ne andava con discrezione, secondo una morte comportatasi con lui in maniera gentile: come la “morte del giusto”, come la morte di un uomo buono.

Aveva fatto in tempo, quella mattina, ad accendere la radio che teneva vicino al letto, per entrare così, com’era sua abitudine, in quella vicenda del mondo che tanto lo affascinava e lo preoccupava. Entrarvi come uomo e come artista, secondo evoluzioni e movimenti interni rilevabili nella sua vasta carriera letteraria che già all’altezza del 1963, l’anno di “Nel magma”, avevano segnato per lui, il principe degli ermetici, una integrale e del tutto responsabile accoglienza del modello dantesco nel segno della storia e dell’interesse per la “sorte comune”.

Firenze, la sua città, lo aveva solennemente festeggiato qualche mese prima in occasione del suo novantesimo compleanno. Tutti ci eravamo stretti attorno a lui, salutando un suo splendido nuovo libro intitolato “Dottrina dell’estremo principiante” e, assieme, la sua recente nomina a senatore a vita voluta dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: quasi un suggello all’impegno civile, umano e societario, che un vero poeta non può non portare con sé e che nella sua poesia si era fatto via via più pressante e visibile.

Consapevole di porsi sulla scia di illustri precedenti in campo letterario (da Manzoni a Carducci, da Verga a Montale), Luzi rivendicava all’alto onore che gli era stato riservato con quella nomina istituzionale una sua duplice funzione rappresentativa. Una presenza volta a difendere – sue parole – “il settore della cultura, dell’arte, della loro storia, dei loro documenti e monumenti, della loro attualità”, e in parallelo una vigile partecipazione di uomo “né di partito né di parte”, ma “di pace”, interessato a promuovere qualsiasi evento o comportamento a questo valore ispirati.

Tredici anni senza Mario Luzi, ma ricordarlo in occasione dell'anniversario della sua scomparsa ce lo fa sentire vicino: rinnova il suo esempio, rinsalda la speranza che attraverso i suoi versi straordinari continua a comunicarci.

Stamani, a cura del Comune di Firenze, sarà deposta sulla tomba del Poeta nel Cimitero di San Michele a Castello, come da tradizione, una corona d’alloro.

E dalle ore 9,30, alla sala conferenze della fiorentina  Biblioteca delle Oblate, avrà luogo la premiazione del “Premio Firenze per Mario Luzi” rivolto agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori di tutta la Toscana, promosso dall’Assessorato all’Educazione di Firenze in collaborazione con il quotidiano “La Nazione” e giunto quest’anno, con moltissime partecipazioni e moltissimi testi in gara (una quota record di quattrocento!) alla sua settima edizione.

Nel corso della mattinata verrà tra l'altro proiettato il documentario che, grazie alla Regione Toscana, ho avuto l'onore di firmare in occasione delle celebrazioni del centenario della nascita del poeta “In Toscana. Un viaggio in versi con Mario Luzi”, per la regia di Antonio Bartoli e Silvia Folchi.

Marco Marchi

Nulla di ciò che accade e non ha volto

Nulla di ciò che accade e non ha volto
e nulla che precipiti puro, immune da traccia,
percettibile solo alla pietà
come te mi significa la morte.
Il vento ricco oscilla corrugato
sui vetri, finge estatiche presenze
e un oriente bianco s'esala
nei quadrivi di febbre lastricati.
Dalla pioggia alle candide schiarite
si levano allo sguardo variopinto
blocchi d'aria in festevoli distanze.
Apparire e sparire è una chimera.
E' questa l'ora tua, è l'ora di quei re
sismici il cui trono è il movimento,
insensibili se non al freddo di morte
che lasciano nel sangue all'improvviso.
Loro sede fulminea è qualche specchio
assorto nella sera, ivi s'incontrano,
ivi si riconoscono in un battito.
Sei certa ed ingannevole, è vano ch'io ti cerchi,
ti persegua di là dai fortilizi,
dalle guglie riflesse negli asfalti,
nei luoghi ove l'amore non può giungere
né la dimenticanza di se stessi.

(da "Poesie sparse, 1945-1948")

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