Meno poesia e più qualità
di Marco Nannetti
CHISSÀ quanto durerà la mania di molti osti e ristoratori di presentare i piatti non solo elencando gli ingredienti presenti ma anche la loro provenienza e il loro pedigree’? In pratica succede che invece di analizzare le qualità organolettiche del cibo, si privilegia una descrizione dei piatti spesso eccessiva accompagnata da un elenco dei fornitori e delle zone di produzione degli ingredienti.
Ci vengono proposti i cardi gobbi di Mario, le cipolle del signor Giuseppe, i salumi del nonno che a 90 anni è ancora lì che imbudella, il maiale che gioca a palla così è meno stressato e la sua carne è migliore e le verdure, tutte rigorosamente dell’orto perché ora i ristoratori hanno quasi tutti l’orto di proprietà. Per non parlare delle pizze o del pane che hanno tutti la doppia se non tripla lievitazione, anche se poi sono duri come macigni da digerire. Ma tutta questa poesia che accompagna i nostri pranzi è positiva per il settore? Io non credo, infatti la gente è stanca di tutto questo rimandare ad altri nel bene e nel male le qualità di un ingrediente e di questi menu lunghi e complicati.
La cosa migliore è fidelizzare il più possibile il cliente sull’immagine dell’oste o del ristoratore e credere nel lavoro che fa nella selezione dei prodotti che poi trasforma in piatti di qualità. Non vale la pena nascondersi dietro a nomi fatui del mondo gastronomico, anche perché molte delle informazioni date sono fantasiose’. La professionalità e la competenza sono l’unico investimento sicuro e duraturo su cui puntare. Prosit