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LIBRI / Malvaldi, ‘Bolle di sapone’ sulla pandemia

La scommessa era capire chi per primo avrebbe provato a raccontare il Covid in un libro. Ha vinto Marco Malvaldi con 'Bolle di sapone' (Sellerio), ma d'altronde era prevedibile: un primo tentativo televisivo di mettere in scena mascherine e videochiamate era stato fatto proprio dalle parti di Pineta, lo scorso anno, con la serie Sky sui delitti del BarLume tratta dai romanzi di Malvaldi.

Esperimento pericoloso: chissà se tra vent'anni saremmo in grado di immergerci nelle atmosfere del lockdown e capirci ancora qualcosa. Per Ampelio, Aldo, il Rimediotti e tutta la combriccola di vecchietti indagatori in fondo non cambia molto: a parte l'andare dal bagno al tavolino, e da quello al tavolo da biliardo, non è che negli altri capitoli della saga deambulassero poi chissà quanto. La scoperta, merito di Massimo il barrista, che la briscola in cinque si può fare anche online, ha fatto il resto.

Rimane una carenza da rapporti umani, quello sì, e una paura di morire più accentuata del solito, vista l'età. Ma ecco allora che la manna dal cielo per la combriccola è un bel caso su cui arrovellarsi da remoto. Alice, la fidanzata poliziotta del Viviani, è in Calabria a mettere le mani su una duplice morte che coinvolge un vecchio collega universitario di Massimo e quest'ultimo quasi si sente in dovere - per noia e per affetto - di metterci il naso più del solito.

Il racconto della trama finisce qui, poiché è pur sempre un giallo. Restano una serie di considerazioni sulle atmosfere rarefatte, le solitudini che avevamo dimenticato, la fila ai supermercati e la voglia di panificare che ci ha preso tutti, più un paio di momenti esilaranti a immaginarsi quei vecchietti a che fare con le videochiamate. E' un capitolo a parte una vena inedita di accorata umanità per nonno Ampelio, in ospedale per via di una gamba rotta, tra medici e infermieri diventati insonni.

Il regalo di Malvaldi agli aficionados, a quasi quindici anni dall'uscita de La briscola in cinque (Sellerio) che diede avvio alla saga, è invece di sicuro il tratteggio - ben riuscito - della Gigina, la mamma-giramondo di Massimo. Altra new entry  è l'ex moglie di quest'ultimo, quella delle corna, sì, e sulla cui scia il Viviani, quando lo abbiamo conosciuto, aveva deciso di cambiare vita, mettere in un cassetto la sua laurea in Matematica e aprire il suo bar. A proposito di bar: immancabile, ma non scontata, è la sensibilità con cui l'autore racconta le vicissitudini dei baristi, che - dopo gli ammalati e i sanitari - indubbiamente hanno pagato il prezzo psicologico maggiore al virus.

E il delitto? E le indagini? Eh beh. Procedono un po' a saltelli e non sempre convincono per veridicità, va detto. Ma occorre pazienza poiché piuttosto che un demerito, questo è proprio l'aspetto più interessante e ben riuscito di tutto il libro. Cosa ciò voglia dire lo si scoprirà sul finale, insieme a un epilogo straordinario che, indubbiamente, resta tra le migliori pagine mai scritte a Pineta.