Giovanni XXIII, la forza storica di una visione (e di una carezza)
Attualità di Papa Roncalli a cinquant’anni dall’enciclica ‘Pacem in Terris’ e dalla sua scomparsa. Il discorso della Luna, la crisi dei missili e la lettura particolare del critico cinematografico Giovanni Bogani
La figura di Giovanni XXIII è profondamente attrattiva e a cinquant’anni di distanza dalla sua scomparsa (il 3 giugno del ’63) e dall’enciclica ‘Pacem in Terris’ mette in discussione tanti luoghi comuni sulla Chiesa e lo fa con quella cifra interiore della simpatia, di sintonizzarsi con le domande più profonde di un’epoca e della geografia dell’umanità, che ha in Papa Roncalli un’icona. “La cifra della simpatia e della speranza, con alterne declinazioni, restano essenziali per il mezzo secolo trascorso e lo sono oggi in un'Europa che sta misurando la sua perdita di rilievo, come parte più debole dell`Occidente”, ha osservato a riguardo lo storico Andrea Riccardi (vedi il suo 'Il potere del Papa. Da Pio XII a Giovanni Paolo II', ed. Laterza)
Il lavoro degli storici ha consentito di scendere in profondità su diversi aspetti del pontificato di Giovanni come anche del ministero che lo ha preceduto in Turchia, in Bulgaria e in Francia, per non parlare degli anni della giovinezza del figlio di Renzo e Lucia - efficace espressione manzoniana di Giovanni Bogani - divenuto Papa. Fino a pochi anni fa, ad esempio, l’azione condotta da Roncalli durante la crisi dei missili a Cuba, che portò il pianeta sulla soglia di una guerra termonucleare, veniva sottaciuta nonostante la sua decisività sia stata acclarata in sede storiografica. Eppure sui manuali – ad esempio di storia delle relazioni internazionali – veniva praticamente ignorata. Forse perché, citando La Pira, si ignora la forza storica della preghiera e delle azioni che essa ispira ed anima su scala personale, locale e globale. Riflessioni analoghe, ma collocate in un contesto più vicino all'immediato secondo dopoguerra, svolgeva il giurista Arturo Carlo Jemolo. Ne è espressione, tra l'altro, un'interessante trasmissione radiofonica del '53 recuperata e trascritta in 'Al convegno dei cinque' (Edizioni di storia e letteratura, a curda di Paolo Valbusa e con presentazione di Francesco Margiotta Broglio), con il titolo di 'Possibilità dell'esistenza di una pace al di fuori della morale cristiana'. Invitato periodicamente con altre quattro personalità di spicco della cultura italiana, Jemolo dava voce con immediatezza ai distillati migliori della cultura cattolica, notando ad esempio come "non si dia abbastanza risalto a questo che è veramente l'animo del cristiano, come amando gli altri come sé stesso, o più di se stesso, quando c'è un dubbio sul diritto suo o sul diritto degli altri lo risolve contro di sé".
Pochi anni dopo, Roncalli, divenuto pontefice il 28 ottobre 1958, avrebbe coniugato in profondità, nei suoi interventi pubblici, sapienza cristiana, diritto internazionale e agire storico, personale e comunitario. Alcune efficaci sintesi del pensiero di Giovanni sono diventate categorie culturali che portano chiarezza: ad esempio la distinzione tra dottrine e movimenti storici o il metodo di confronto che porta a “cercare ciò che unisce, mettere da parte ciò che divide”. Il discorso ci porterebbe troppo lontano. Per ora sottolineiamo quell’antidoto all’individualismo diffuso che è quell’ “attitudine alla responsabilità” – espressione che torna due volte nell’enciclica Pacem in Terris – per la quale volentieri si punta a incidere sulla storia. Un coordinamento di gruppi ecclesiali e sociali fiorentini ha promosso un confronto, presso l'Istituto Stensen, sul tema “Esiste la guerra giusta?”. Ci sono più piani di conflittualità la cui confluenza in corsi più ampi genera la globalizzazione della violenza. E’ emersa, approfondendo più temi dell’enciclica, la possibilità per ciascuno di essere testimone nelle periferie, quali che siano le città, di un'alternativa alla conflittualità. Il mondo, la responsabilità globale verso il mondo, passa per le nostre strade. Colpisce come Giovanni XXIII parlasse di “diritto alla sicurezza declinato in ordine alla perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla propria volontà” e come invece questo diritto sia stato concepito negli ultimi anni in chiave securitaria contro i deboli, invocando ad esempio clandestinità e decoro: due chiavi di lettura, molto semplificate, che hanno veicolato discriminazioni razziali in nuove forme, quelle discriminazioni che – diceva Giovanni XIII – non trovano più alcuna giustificazione. Giovanni chiedeva anche “speciali riguardi per le membra più deboli del corpo sociale”: ci si accorge che sono stati fatti molti passi indietro. Ma perché “la pace non sia solo suono di parole” c’è la possibilità di una testimonianza personale, di una guerra disarmata che sottrae spazio alla violenza nel quotidiano.
Giovanni Bogani ha curato una sorta di manuale-breviario, per le edizioni Cult, dei pensieri giovannei, corredati da una scheda biografica del Papa di Desirée Nocentini. 'Papa Giovanni XXIII. Portate una carezza ai vostri bambini' presenta la particolarità di una lettura svolta da uno scrittore e giornalista che dedica molta parte della sua attività alla critica cinematogratica. Da questo angolo visuale, Bogani contestualizza la vicenda di Giovanni con sintesi utili e non usuali, senza trascurare di cogliere nel Concilio anche la strada per spezzare tentativi di isolamento : "Fine degli anni Cinquanta, piena Guerra fredda, Russi e americani. Le spie a Berlino. Un'Italia divisa tra don Camillo e Peppone. L'Italia dei 'Soliti ignoti', della voglia di iarrangiarsi... Me la immagino così, un po' antica e un po' moderna, quell'Italia che ascoltava, nel buio e alla luce di mille candele, il Papa che diveva di portare una carezza ai bambini... il '68 era ancora di là da venire. Era il mondo pagano della 'Dolce vita' di Fellini, Giò Stajano, l'incomunicabilità geometrica e astratta di Antonioni. Era l'Italia che stava per accogliere le febbricitanti rivoluzioni borghesi di Bertolucci e Bellocchio, 'I pugni in tasca', niente carezze per quei bambini”. E continua: "Un mondo che andava in orbita, che cercava di bucare la pelle al cielo". Ma "il Papa stava in terra, e guardava la luna. Ma come la guardano i bambini, con la stessa meraviglia. Come San Francesco, nel suoi personale cantico delle creature, Roncalli metteve insieme la luna e tutta la gente lì sotto. La gente a cui fare coraggio. A cui dire che c'è un Dio, un Dio buono. E che la vita ha un senso, che la vita è gioia”. Era l'11 ottobre 1962, serata di apertura del Concilio Vaticano II e Giovanni volle salutare la folla radunata in Piazza San Pietro
Quella carezza venne donata con "la voce da un papa che non parla in latino. E non parla in politichese. E neanche in 'papese''".
Rileggiamo, come se le riascoltassimo, quelle parole: "Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la Luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare a questo spettacolo... La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di Nostro Signore, ma tutti insieme paternità e fraternità è grazia di Dio (...) Facciamo onore alle impressioni di questa sera, che siano sempre i nostri sentimenti, come ora li esprimiamo davanti al Cielo, e davanti alla Terra: Fede, Speranza, Carità, Amore di Dio, Amore dei Fratelli. E poi tutti insieme, aiutati così, nella santa pace del Signore, alle opere del Bene... Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza".