Lampedusa nelle nostre strade
Il pellegrinaggio di Papa Francesco nell’isola di frontiera tra l’Italia e gli abissi del mare, solcati dalle imbarcazioni degli immigrati, aiuta a ripensare in modo intelligente il rapporto delle città con chi fugge dal proprio Paese
Il pellegrinaggio di Papa Francesco a Lampedusa è carico di significati e ha puntato a dissipare, tra l'altro, l'anestesia al dolore degli altri, al loro volto, a quel viaggiare sconnesso tra le onde che può finire, come è accaduto per oltre 19 mila persone, nei gorghi dell'anonimato. Proviamo a raccontare la condizione e il viaggio degli immigrati in una forma diversa dal solito. In versi.
1.
I clandestini sono esseri umani
che hanno l’inverno nel cuore ed intorno
una tempesta ed il morso dei cani
sul sole delle attese. Ed il ritorno
alla fornace da cui partirono
gli viene rimproverato, a contorno
di un gelo palese, fatto di attriti,
come un dovere figlio della colpa,
come per gioco fossero partiti,
fuggiti.
_____Ogni notte una nave salpa.
2.
Arrivano sfiniti i pettirossi
nelle campagne, mentre gli altri alati,
tortore e colombe, con stuoli scossi
dal fresco, e le rondini che dai lati
dell’abitato garriscono acute,
lasciano l’orizzonte: da immigrati,
gli uni e gli altri, con schiere non astute,
come i turdidi arrivati a svernare,
che sono sottoposte alle battute
di caccia, che vengono da oltremare.
3.
“È caro al passo del migrante il senso
della direzione, sia siepe o colle,
uno sbocco nell’orizzonte immenso.
Brevi tratti diventano corolle
di silenzio sovrumano, di quiete
apparente in spazi, talvolta zolle,
interminati a causa di concrete
paure, dello stormire clandestino
del vento tra le piante che irrequiete
non danno rifugio. È un istante fino
al naufragio che dura di infinite
attese e arriva improvviso: confino
di speranze rese alla voce mite
e poi inospitale che adesso abbino
a stagioni ardite. In mare finite?”.
4.
Tanto perso nella nebbia, annegava
nel dio Po imprecando contro di loro,
gli immigrati, trovandosi da solo
nello stesso stato, esposto al nulla
che travolge e che disgrega la lega
delle sorti indifese: territorio
che dispera, che portò la sua auto
nelle acque. Si sorprese a vedersi
salvo perché attratto non nelle spire
di Gorgone, ma nelle braccia tese
di uno zingaro che si era gettato
nel fiume per portarlo vivo a riva.
“Ma che?”, “Ma va?”, “Ma come?”. Poté solo
guardarlo negli occhi per dirgli grazie.
Dice che sia contento, che da allora
faccia tesoro della sua vergogna.
5.
Di tanto in tanto arriva all’attenzione
la notizia data a voce sommessa
da dietro lo schermo, con convinzione
un po’ scarsa, dei naufragi che in mare
costellano le rotte per la vita
attesa migliore su traiettorie,
disegnate tra le onde della notte.
Quella sorte si pone fra me e te
come un punto di domanda da avere
sopra l’inerzia di giornate date,
sotto il cielo di troppe distrazioni.
Cerco la festa col fratello in mare.