L'ora di Religione

La cometa tra il Natale e l’anno nuovo

C'è nel Natale un invito a radunarsi e a non disperdersi e a farlo davanti a una grotta e a chi la abita, un luogo semplice e povero, di quelli in cui nessuno vorrebbe stare. Ma è la proposta che viene fatta dal Vangelo nelle giornate un po ' frenetiche che precedono il Natale e quelle successive, in cui sarebbe più facile chiudersi in caso dopo avere chiudere gli occhi per strada correndo. Ma nella pausa del Natale c'è la possibilità di un risveglio all'essenziale, a ciò che conta, la possibilità di aprire gli occhi anche sul dissesto spaventoso di alcuni luoghi del mondo dove sembra risuonare l'inizio del Vangelo di Giovanni: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta”, come in Pakistan, dove si è verificata una strage di innocenti.

Dov'è la cometa di questo Natale? Cosa illumina? Proviamo a coglierne la scia, qualche punto di luce che orienta.

“Non sarà tolto lo scettro da Giuda/ né il bastone del comando tra i suoi piedi,/ finché verrà colui al quale esso appartiene/ e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli”: in questo brano della Genesi (nel capitolo 49) la tradizione cristiana legge una profezia su Gesù, il re povero e bello del Natale, come è regale – almeno così dovrebbe essere avvertita e amata – la vita di ogni bambino. L'obbedienza secondo la Buona Notizia non si impone con la forza, con il terrore. Secondo questa lettura lo scettro, il bastone del comando, è nelle mani di Gesù: sono mani che guariscono, che sollevano, che indicano, che abbracciano e che nel piccolo di Betlemme sono come quelle di tutti i bambini. Sono cioè mani che stringono e si affidano. Anche in questa direzione possiamo ripensare le parole di Gesù diventato adulto, nella sua missione pubblica, sul fatto che chi lo segue, lo ascolta e fa la sua volontà gli è padre, fratello, sorella e madre. C'è una regalità che è la vita in sé come anche quella di un comportamento degno di esseri umani: respingere ad esempio la piaga dello sfruttamento che è al centro del messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace del I gennaio 2015. “Non più schiavi ma fratelli” è il suo titolo; fratelli dei senza fissa dimora, per non lasciarli da soli; madri e padri, fratelli di bambini che sentono la frustrazione della povertà e di non essere come gli altri; fratelli del continente impoverito, l'Africa, e padri di un figlio un po' smarrito e aggressivo che è l'Europa. C'è nella dimensione della città e, in ogni caso, della vita con gli altri la possibilità di una parola gentile che può dare speranza, diversa dalle parole violente che investono immigrati e zingari, e di operare gesti di fraternità (pensiamo alle adozioni a distanza, ad esempio) nei confronti di coloro che sono tenuti in stato di asservimento, fosse questo anche il peso della solitudine di un anziano, magari vicino di casa, che può essere sollevato con un saluto, con un augurio, con la cura di qualcosa di utile. A ben pensarci, sono gli antidoti a una sorta di “cultura contro i poveri” e che fa i soldi su di loro, cosa che si è manifestata in modo eclatante e violento nelle recenti cronache di Roma. Si può fare prevalere un'altra cultura che porta con sé la solidarietà, il condividere in solido anche quando non conviene dal punto di vista elettorale, dare un nome a chi è a vario titolo “clandestino” - e non sono solo gli immigrati – nelle periferie geografiche ed esistenziali delle città. Indecorosa è la povertà. Dunque la strada è difendere i poveri, creare lavoro liberandosi da maglie neo-feudali, e non difendersi da loro. Anche in questo sta la chiave di una vita più felice per tutti nell'anno nuovo. A tutti un buon 2015.

* * *

Dove vanno questi passanti, piano,

come risvegliati da un sonno ad occhi

aperti? Eppure hanno assunto pose

diverse da quelle di tutti i giorni.

 

Uno ha fermato la corsa al lavoro,

l’altro ha lasciato la banca da parte,

i conti che gli occupano ogni cosa.

 

Da ogni luogo il gusto di una pausa.

 

In comune hanno che vanno insieme

verso una grotta spuntata in piazza,

nelle strade, più forte di un richiamo.

E lì si affaccia la vita indifesa.

 

Ogni attimo mal speso è una promessa

del tempo che va rinnovato, ancora.

Ogni povero è il volto del tesoro

mancato, perso, da amare come te.

 

Ogni stella è sguardo-cometa di Dio.

 

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