Mario LuziVEDI I VIDEO Mario Luzi presenta “Opus florentinum” a Mendrisio (luglio 2002) , “Opus florentinum” all’Abbazia di San Miniato al Monte (settembre 2014)

BONUS Il testo di “Opus florentinum” disponibile on line

BONUS  Il sito del Premio “Firenze per Mario Luzi”

Firenze, 14 novembre 2014 – Ne avevamo riascoltato di recente in San Miniato al Monte consistenti, significativi assaggi per la voce di Pino Tufillaro. Ma stasera il suggestivo testo teatrale che Mario Luzi dedicò a Santa Maria del Fiore – “Opus florentinum” – tornerà a risplendere in tutta la sua pienezza drammaturgica nella sua sede designata, integralmente rappresentato con i suoi molti personaggi e con le sue molte voci. A mettere in scena l’opera, come fu nella sua prima edizione del 2000, il regista Giancarlo Cauteruccio, con gli attori del Teatro Studio Krypton e le musiche di Hidehiko Hinohara.

Quando in occasione del Giubileo Luzi ideò “Opus florentinum il fine letterario di quanto veniva scrivendo gli si propose doppiamente celebrativo: di una chiesa e insieme di una città. Facendosi lei stessa “opus”, la sua poesia avrebbe reso omaggio prima di tutto alle vicende di una grande cattedrale intitolata alla Madonna e assieme, nel duplice, paritario elogio sotteso al titolo, a Firenze, la città che quell’opera insigne diventata per lui oggetto ispirativo di canto volle e vide nascere.

Una celebrazione tra cronaca civica e storia dell’umanità di valore universale, oltre lo spazio e il tempo, ed estensibile grazie alla poesia a tutto l’esistente. In “Opus florentinum” parlano così non solo gli uomini di quella Firenze medioevale che immaginò e realizzò una mirabile basilica, da Arnolfo, Giotto e Brunelleschi all’ultimo degli scalpellini cooptati nell’impresa, ma le cose stesse, partecipi di quell’incandescente crogiuolo da metamorfosi in atto da Luzi sapientemente fissata in scene, dialoghi ed immagini. Parla maternamente l’antica Santa Reparata, parla a tutti gli uomini la nuova chiesa eretta su di lei.

Una Firenze variegata e popolatissima, al fuoco della “creazione incessante”; una Firenze dell’accoglienza umanamente aperta al suo contado e ai suoi dintorni non meno che al molteplice e al diverso da lei; una Firenze di fine Duecento e trecentesca pronta a diventare, tramite un evento ecclesiale e cittadino di tale portata, il mondo, e un mondo che già contiene in sé il futuro del mondo.

Completano il programma della serata il saluto del Cardinale Giuseppe Betori e un intervento di Giuseppe Langella dal titolo “L’umanesimo di Mario Luzi e la poesia dell’incarnazione”, parte del convegno di studi su tema umanistico che si inaugura nel pomeriggio a Palazzo Medici Riccardi.

Marco Marchi

Da “Opus florentinum”

Come un prato di margherite
vede San Giovanni
intorno a sé San Zanobi, 
San Lorenzo, Santa Liberata 
successivamente fiorite, 
vede presso di sé sul prato, 
levarsi quella gran mole,
vede il cantiere, le travi, i marmi.
— Arnolfo, non elevare 
tanto in alto
le tue navate,
la fede sale al cielo,
da sola, con le sue ali. 
— Sì, ma questa basilica
ha uno slancio eccezionale, 
risponde al tuo valore. 
Sarà posto sulla sua fronte 
il fiore pontificale…

La città che le gira tutta intorno,
i suoi traffici, i suoi affari,
le sue cupidigie e tentazioni
di potenza e di godurie,
i suoi opifici, i suoi mestieri —
ho paura che la città terrena soverchi l’altra
nella nostra mente
la offuschi,
la cancelli dalla cima
dei nostri poveri pensieri —
così meditano talora
i canonici su se medesimi
specchiandosi nei loro simili
durante le pause silenziose
del solenne capitolo.
Ma «uomini di poca fede»
qualcuno di loro li riscuote
da quell’avvilimento.
Risale su dal fondo
di carità — e non poco li rimorde —
la suscitazione insonne
del Cristo, e allora si ravvedono
e riprendono in opere
o preghiere quel tempo
di smarrimento.
                             «No,
la città non è blasfema,
le sue operazioni
di vita e di prosperità
non sono empie.
                         L’empietà
è perfidia
d’intenti. Essa non manca,
è vero, ma non è la regola».

Mario Luzi

(da Preludio battesimaleNel silenzio dei canonici, in Opus florentinum)

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