Profondo Rosso

Bianchi, indiani, italiani

C’è qualcosa di interessante, nonché forse di non detto, nel passaggio del francese Bianchi alla Force India, in veste di collaudatore (o pilota di riserva, sebbene le due cose non necessariamente coincidano).

Mi spiego.

Ho l’impressione che sia stata la Ferrari, che continua ad avere il pupillo della famiglia Todt nei suoi ranghi, tramite la famosa e/o famigerata Accademia, a spingere per questa soluzione.

Infatti gli indiani hanno garantito a Bianchi che per almeno otto-dieci week end da Gran Premio sarà utilizzato nelle prove libere del venerdì. Ciò significa che il transalpino sarà in  grado di conoscere le monoposto di Formula Uno, accumulando quei chilometri che a Maranello, vigenti le assurde regole attuali, non possono fargli percorrere.

Forse il ragionamento è troppo arzigogolato oppure sto semplicemente leggendo troppi ‘thriller’ in questo periodo, infine nemmeno è da escludere che io sia completamente suonato, eppure non mi sorprenderei più di tanto se il 3 febbraio, giorno dedicato alla presentazione della nuova Ferrari, ci venisse detto che la Scuderia non ha alcuna urgenza di designare un ‘terzo pilota’ diverso da Bianchi.

Comunque, se mi chiedessero un parere, cosa che opportunamente sarà rigorosamente evitata dalle competenti autorità, ecco, io sceglierei Andrea Bertolini. Con una non indifferente dose di motivazioni: è un campione del mondo (con la Maserati), è bravo, conosce l’ambiente, infine si permette persino di essere italiano.

Dunque, non si può.

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