Profondo Rosso

Roma non vale un Gp, figuriamoci l’Olimpiade

A Roma non sono stati in grado, in trent’anni, di organizzare un Gran Premio di Formula Uno. E potevano pretendere di ospitare una Olimpiade? Ma per favore. Io magari me ne intendo pure, avendo partecipato, tra estive e invernali, a dodici (12) edizioni dei Giochi. Ma non è detto che la mia opinione, identica a quella del premier Monti, sia quella giusta.

Così, ho chiesto un parere a un vecchio amico che appartiene alla leggenda dello sport italiano (nonché grande ferrarista, non solo perché, fino alla pensione, ha lavorato in Fiat).

Ecco qua.

‘Mi dispiace, come uomo di sport. Ma da cittadino sto con il presidente Monti’.

Livio Berruti non avrà eredi. Fu lui, insieme a Nino Benvenuti e a Cassius Clay, il simbolo della Olimpiade romana, nel 1960. Livio conquistò la medaglia d’oro sui 200 piani, stabilendo il record del mondo. Oggi, pensionato settantaduenne, l’ex sprinter approva la decisione presa dal capo del governo.

‘A malincuore, sono costretto ad ammettere che Monti ha fatto la scelta giusta’.

Perché?

‘Dobbiamo essere onesti con noi stessi. Intendo noi italiani. Con la situazione dei conti pubblici che ci ritroviamo, sarebbe stato da irresponsabili lanciarsi in una avventura dai costi incerti e dai ritorni indefiniti’.

Insomma, ci sono altre priorità.

‘Purtroppo. Ed è un peccato, intendiamoci. Perché una Olimpiade, in una nazione sana, può essere un grande momento di aggregazione, vale come stimolo per la creatività di un popolo’.

Dicono che fu proprio così, a Roma’60.

‘Esattamente. Io c’ero e il ricordo di quei giorni rimase indelebile per una intera generazione. Certo, le differenze sono enormi…’

In che senso?

‘Vede, quella fu una Olimpiade a basso costo. Gli atleti erano praticamente tutti dilettanti, sul serio. Non imperava il gigantismo del business. Furono i Giochi dell’allegria’.

Una esperienza non replicabile, nell’Italia post moderna?

‘Temo di no! Allora eravamo poveri ma con il sorriso, noi italiani. Oggi siamo o crediamo di essere ricchi, ma abbiamo sempre il muso. Siamo diventati il Paese del mugugno’.

Infatti qualcuno dice che Roma 2020 sarebbe servita come segnale per una inversione di tendenza.

‘Magari! Però dobbiamo essere realisti. Con i problemi di bilancio che abbiamo, sinceramente questo era il momento meno adatto per presentare una candidatura. Senza dimenticare taluni episodi non esaltanti’.

A cosa si riferisce?

‘Beh, le cronache sull’allestimento dei mondiali di nuoto a Roma nel 2009, con tutti i problemi pratici che ci sono stati, le ricordiamo bene. E poi non è che Italia90, per parlare dei mondiali di calcio, un evento paragonabile alla Olimpiade, sia stata un modello di lungimiranza. Ha presente gli stadi che costruimmo? Cattedrali nel deserto, a Torino come a Bari, mentre gli altri paesi si indirizzavano verso impianti più piccoli e confortevoli. Sono solo esempi, ma non mi stupirei se avessero influito sulla decisione del professor Monti’.

Insomma, Roma’60 resta consegnata alla memoria.

‘Mi sarebbe piaciuto, da vecchietto, tornare nella capitale, nel 2020, per riassaporare certe emozioni. Ma il premier non poteva privilegiare la nostalgia. Ha detto no. Al suo posto, io, oro olimpico, avrei fatto la stessa cosa’.

 

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