Lucio Dalla, uno di noi
Semplicemente. Malinconicamente.
Lucio Dalla era uno di noi.
Quando ero ragazzino, rimasi colpito da un intero album di canzoni dedicato agli eroi della velocità.
Si chiamava, il disco, e spero di non ricordare male, 'Automobili'. Citava Borzacchini e Fagioli e Campari. Si capiva che era uno che il mito della Mille Miglia se lo sentiva sulla pelle.
Una vita dopo, uno di noi, il cloggaro Rhodes, in veste di leader della RHHB, la Red House Blues Band, il gruppo musicale 'made in Ferrari', registrò una versione moderna del brano 'Nuvolari'.
Un piccolo, grande capolavoro.
Per la mia generazione, Dalla è stato un punto di riferimento.
Credo abbia realizzato le sue cose migliori (ma qui siamo sul piano personalissimo dei gusti, ci mancherebbe), tra la seconda metà degli anni Settanta e i primi anni Ottanta.
I 33 giri in vinile con 'L'ultima luna' e 'Balla balla ballerino' sono momenti altissimi di creatività.
Dopo, secondo me, l'ispirazione si era fatalmente attenuata. Sempre parere privato, eh.
Ma, ancora, Lucio Dalla era uno di noi.
Negli anni Novanta scrisse una canzone dedicata a Senna. Si intitolava 'Ayrton'.
Non mi piacque per niente e glielo dissi e glielo scrissi.
Eppure, non era importante.
Dalla, nella sua emilianità assoluta (si veda o meglio si ascolti 'Emilia' di Guccini, incisa da Lucio e da Morandi), era legatissimo alla cultura dei motori, alla leggenda del rombo e del fragore, alle spericolate evoluzioni in pista di eroi moderni e però nell'anima antichi. Non mi stupiva la sua grande amicizia per l'avvocato Montezemolo: suonò pure alle ultime nozze dell'avvocato, avevano in comune una certa idea dell'esistenza.
E' stato un grande artista.
Era uno di noi.
Ci mancherà.