Profondo Rosso

In Bahrein ci sono le Rose, non le Rosse

Sono andato per la prima volta a Sakhir nel 2004, quando la Formula Uno fece il suo show d'esordio nel Golfo Persico.

Naturalmente, ca va sans dir, vinse il Vecchio Zio.

Era ancora il Tempo delle Rose e delle Rosse.

Dalle rose gli organizzatori giuravano fosse stato estratto il succo che, in rispetto delle leggi coraniche, sul podio sostitutiva lo champagne.

Si sospetta che proprio in ragione di tale usanza idrica Kimi Raikkonen, il Santo Bevitore, si sia fin qui sempre rifiutato di aggiudicarsi il Gran Premio del Bahrein.

All'epoca, otto anni fa, si coltivava l'idea che 'anche' certi eventi, come un Gran Premio di F1, potessero favorire una evoluzione di certi paesi verso standard (libertà elettorali, diritti umani, eccetera) più credibili.

Io non ho mai aderito a tale linea di pensiero, peraltro non disprezzabile in teoria. Non penso, giusto per fare un esempio, che l'Olimpiade del 2008 abbia elevato la sensibilità del regime cinese in materia.

Ma riconosco, come ho scritto tante volte, che se lo sport (il business, in quanto tale, nemmeno se lo pone, il problema) boicottasse chiunque non è in regola con i Principi Assoluti, beh, in almeno mezzo pianeta non bisognerebbe mettere piede. E potrebbe essere una bella pensata, ci mancherebbe. Ferma restando la buona fede di chi sostiene che, invece, isolamenti ed embarghi non sono una soluzione. Per dire, gli americani non mandano i loro campioni a Cuba da oltre mezzo secolo (e naturalmente non solo i campioni, eh). Non per questo il regime castrista è caduto.

Tornando a noi, cioè tornando al 2004 delle Rose e delle Rosse, mi fu subito chiaro che alla popolazione locale dell'evento non fregava assolutamente un accidente.  Comprensibilmente. A prescindere dalle cose politiche, nel deserto non conoscono la cultura dell'automobile, ignorano il Dna delle competizioni di velocità, infine hanno e avevano semplicemente altro cui pensare.

Il discorso non vale esclusivamente per il Bahrein. Infatti, dal mio modestissimo punto di vista, ho sempre affermato di non condividere la smania della globalizzazione, tanto cara a Bernie Ecclestone e ai Top Team. Davvero ha più senso gareggiare nel deserto di Sakhir che a Imola o al Mugello? Va bene, ha un senso per le casse. Ma se i soldi sono tutto, così ci stiamo a preoccupare di aerodinamica, pit stop, scarichi e bla la bla?

Ciò premesso, le Rose nel deserto di Sakhir misteriosamente ci sono ancora.

Le Rosse, che nel 2004 erano imprendibili, ci sono ma è come se non ci fossero.

Romanticamente, domenica mi piacerebbe applaudire una vittoria del Vecchio Zio. Non per il ricordo di Schumi in trionfo nel 2004, bensì perchè nel 2010 proprio nel deserto cominciò la sua seconda carriera. Tra la perplessità generale (unica eccezione, s'intende, il nostro Otelma), compresa la perplessità di chi scrive.

Ps. Escludo una impresa del Biondino, sempre a causa del liquido consegnato sul palco al primo classificato.

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