Una Ferrari da amare? 1989
Se avessi i soldi, non so quanto sarei disposto a pagare per la Rossa da Gran Premio del 2002. Certamente è una delle Ferrari che ho ammirato di più, persino di quella irresistibile del 2004: perchè fu appunto nel 2002, per noi che c'eravamo, che cogliemmo il senso di una affermazione definitiva, della consacrazione di un'epoca, di una squadra, di un pilota. Fu nel 2002 che nacque l'etichetta di Dream Team e fu nel 2002 che a Schumi si manifestò sotto il naso l'opportunità, non remota, di scavalcare presto Juan Manuel Fangio nella graduatoria dei plurititolati.
Eppure, se mi si chiedesse quale Ferrari da Formula Uno ho conservato in un angolo di cuore, nel periodo successivo alla scomparsa del Drake fino al presente, quindi dalla fine del 1988 al 2013, senza incertezza alcuna io opterei per la Rossa del 1989.
Quella di Mansell e di Berger.
Non vinse mai un mondiale, d'accordo.
Era inferiore alla McLaren di Senna e di Prost, ok.
Ma vedete, io sono uno di quelli cresciuti nella fantastica idea che le corse siano, sul serio, una palestra per la innovazione tecnologica, per la sperimentazione che alimenta l'ingegno umano premiandolo con i risultati.
E allora non c'è dubbio che la Ferrari del 1989, al di là dei risultati, segnò una svolta.
Introdusse il cambio automatico (anzi, allora lo chiamavamo 'elettroattuato') sulle monoposto. All'inizio ci furono molte ironie e anche molti ritiri in pista, ma poi la soluzione, varata da un ingegnere di Maranello che se non ricordo male si chiamava Di Silvestre, fu copiata da tutti i team.
Una volta a cena Clay Regazzoni e Arturo Merzario mi dissero una cosa.
Era la fine degli anni Novanta.
Sai, mi spiegarono insieme, è la Ferrari del 1989 l'ultima vera grande rivoluzione.
Prima di quella macchina, un pilota andava a gareggiare a Montecarlo e nell'arco del Gp doveva cambiare con la cloche migliaia di volte. Arrivavi al traguardo con le mani piagate, dopo te le tenevi fasciate per una settimana o giù di lì.
Con la Ferrari di Mansell e di Berger, nulla fu più come prima.
E aggiungo che, dopo, anche quando ha vinto, la Ferrari di innovazioni così strabilianti, sulle sue monoposto, non ne ha prodotte più.