Profondo Rosso

Perchè ‘Rush’ mi ha fatto venire il magone

Finalmente anche io sono riuscito a vedere 'Rush' (in Patagonia nelle sale cinematografiche c'erano solo documentari sul tango, Maradona e Peron)

Quando Montezemolo mi parlò per la prima volta del progetto di Ron Howard, ormai più di due anni fa, rimasi perplesso.

A suo tempo Michael Mann, il geniale regista di 'Heat' con De Niro e Al Pacino nonchè di altri capolavori hollywoodiani, mi aveva fatto avere, tramite Piero Ferrari, la sceneggiatura di un film sul Drake.

Ce l'ho ancora. E' bellissima. Non ci fossero i vincoli di copyright, mi piacerebbe pubblicarla a puntate qui sul Clog, magari nei mesi invernali senza Gp.

C'era però un problema. Lo 'script', fantastico, raccontava una storia. Ma Ferrari era solo un pretesto. Quindi dissi a Piero che secondo me era meglio non farne niente, in nome della oggettività documentale.

Viceversa, su Howard mi sbagliavo.

Lo ammetto volentieri.

Il film è strepitoso. Ci sono alcuni dialoghi da Baci Perugina, ma la ricostruzione dell'epoca è formidabile.

Preciso che al tempo, 1976, io ero un ragazzino. Avevo 16 anni. Ma c'ero, ai box a Fiorano, incredibilmente ammesso dal leggendario Franco Gozzi, c'ero tra quelli che videro da vicino le crosta sanguinolente sul cranio di Lauda, quando ultimò il suo incredibile ritorno in pista a nemmeno 40 giorni dal rogo del Ring.

Il film rende benissimo l'atmosfera del periodo. Dilata meravigliosamente le emozioni di una stagione irripetibile. Ci sono stati attimi, tipo la conferenza di Niki alla vigilia di Monza, capaci di commuovermi.

Non sono un fanatico dei dettagli, in compenso credo che la ricostruzione 'storica' (macchine, caschi, tute) sia accurata. Ci sono inesattezze tollerabili: ad esempio, nel 1975 Lauda non conquistò il suo primo mondiale con la Rossa al Glenn, lo aveva già vinto matematicamente a Monza.

Quisquilie.

Volendo proprio esagerare, forse sarebbe stato carino (ma un film più di tanto non può durare) aggiungere qualcosa sulla relazione controversa tra Ferrari e Niki, così come avrei valorizzato meglio il ruolo di Merzario, che era un 'nemico' di Niki (al quale era stato costretto a cedere il volante a Maranello) e che pure non esitò a rischiare la pelle per sottrarre alle fiamme il detestato collega.

Ma si tratta di un capolavoro, recitato benissimo.

Di tutta la vicenda, io ragazzino non posso essere testimone. Penso che sarebbe bellissimo se Pino Allievi, che c'era, scrivesse un libro per raccontare quelle settimane, quei mesi. Gli farei io da editore.

L'ultima cosa.

Anche mia figlia diciottenne ha visto il film. Se ne frega della F1 di oggi, non sa che forse Kimi è l'unico che può somigliare a James Hunt, pensa che Alonso sia un cartone animato spagnolo e Vettel le fa venire in mente un marchio di ansiolitici.

Mi ha detto: papà, ma che fortuna hai a seguire un ambiente del genere, con figure umane del genere.

E qui casca l'asino.

Non ho avuto il cuore, povera stella, di spiegarle che la F1 del 2013, ahimè e forse anche ahivoi, non ha proprio nulla in comune con la F1 del 1976.

E questa non è nostalgia, visto che io allora ero uno studente ginnasiale.

E' la cruda, malinconica realtà.

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