Perchè non credo ai sospetti sulla Red Bull
Quando la Ferrari di Schumi vinceva sempre, io ero perseguitato da un simpatico collega britannico.
Costui, per ragioni sue, odiava l'Italia. Nella sua logica, eravamo tutti inesorabilmente mafiosi e Maranello era la capitale di una cosca.
Dunque, l'albionico collega asseriva che le Rosse trionfali dello Zio erano in realtà tecnicamente irregolari, cioè munite di dispositivi che la rendevano imbattibile, alla faccia dei regolamenti, ovviamente non rispettati dal perfido Ross Brawn (che, a sentir lui, stando in Italia si era corleonizzato).
S'intende che la Ferrari dei cinque mondiali consecutivi superò sempre le verifiche tecniche.
Racconto l'insignificante episodio per dire che ai sospetti lanciati contro la Red Bull non presto attenzione.
Accade, di essere sfiorati dalle maldicenze, quando si è superiori alla concorrenza.
Ovviamente può anche capitare che le accuse abbiano un fondamento: ma, come sempre, non basta alimentare il falò della calunnia.
Ci vogliono le prove.
Altro discorso è affermare che Adrian Newy (ma come lui tanti progettisti!) va sempre 'al limite' del regolamento. Lo interpreta, lo sminuzza, lo sviscera, lo rielabora. Cammina, lui come tanti, sull'orlo del precipizio: ma nel baratro della squalifica tecnica non è mai precipitato.
Alla fine della fiera, come per la Ferrari magica di Schumi, io temo, appunto da ferrarista, che sia, certamente con una grande dose di spregiudicatezza, più bravo degli avversari.