Profondo Rosso

Un compleanno tra Ayrton e Gilles

Oggi ci facciamo un pit stop.

Quello che segue è il racconto di un compleanno particolare, diciamo molto...cloggaro.

Il testo è di Federica (che, tra parentesi, scrive proprio bene).

Buona lettura.

 

" Se lo puoi sognare, lo puoi fare". E.F.

Inconsciamente, le parole di Enzo Ferrari, storia e gloria degli uomini italiani, le avevo già scritte nell'animo, quando, nell'agosto del 2013, decisi di architettare il diabolico piano, di far conoscere ed incontrare il Nume, al mio ragazzo Andrea, grande appassionato di F1 e del Nume stesso, nel giorno del suo 32esimo compleanno.

Non sapevo come sarei riuscita a far combaciare gli impegni di un famoso giornalista a quelli di un giovane imprenditore, ma in un modo o nell'altro, con tanta testardaggine, ci sarei riuscita.

Lo scambio di una fitta e generosa corrispondenza via mail tra me e il Nume, mi aveva fatto capire con chi stavo interagendo: non solo un grande giornalista e uomo colto, ma una persona molto disponibile, garbata e di spirito.

Una volta presi gli accordi e confermato gli ultimi dettagli, la fatidica data del 06/12/2013, non tardò ad arrivare. Tutto rimase perfettamente avvolto nel mistero sino a quando l'auto, dove viaggiavamo io e Andrea, non imboccò l'uscita di Modena Nord. A quel punto, la sua curiosità e quel "rapimento" ingiustificato in una giornata lavorativa, ebbero la meglio. Di colpo, quegli occhi e quello sguardo, già visibilmente in ansia, divennero pieni di felicità, con mia enorme soddisfazione, quando gli svelai l’arcano mistero.

Arrivati al MEF notammo subito che il museo si trova in una costruzione futuristica di grande pregio. Il giallo di Modena e i giochi di luce delle vetrate, a prima vista, regalano uno scenario mozzafiato. Erano tanti gli interrogativi che, io e Andrea, ci portavamo dentro su Turrini. Quando finalmente lo incontrammo, capimmo subito che, da quella giornata, ne saremmo usciti non solo culturalmente arricchiti, ma anche personalmente.

Con gentilezza e una grande dose di pazienza, spiegò passo per passo, macchina dopo macchina, tutti i gioielli presenti nel Museo Ferrari a due giovani, bramosi di sapere e curiosi di ogni minimo particolare presente in quella grande “stanza” luminosa e bianca.

Fu allora che vidi per la prima volta la Mercedes W196 silver, la famosa Alfa Romeo 159 che Ferrari comprò dopo aver venduto la casa di famiglia, la Porche 804, la Lotus Climax 33 nella versione verde Catheram, la Brm Cooper T86b con a fianco il marchio del motore Maserati.

Ma, il vero coinvolgimento emotivo, arrivò con l’amabile e precisa spiegazione del Nume sulla Ferrari di Gilles Villeneuve. In un attimo io e Andrea fummo catapultati negli anni ‘80. Il rumore della macchina di Gilles, la griglia di partenza, la tensione dell’Ingegnere Forghieri, nel voler far tornare ai box dopo due giri di pista, quel francese troppo spregiudicato, troppo incauto ma al contempo grande pilota.  Lo schianto. Il silenzio. Turrini si ferma, e noi capiamo come quell’uomo, ci abbia fatto rivivere attimo per attimo con le sue parole e spiegazioni, la magia di quegl’anni, quando i piloti correvano e l’adrenalina non era computerizzata come quella di adesso, ma erano nell’insieme genio, sregolatezza e una grande dose di pazzia.

Il giro continua, Andrea e il Nume parlano amabilmente di tanti dettagli tecnici che probabilmente non potranno mai entrarmi in testa, sé, nel mio filtro emozionale femminile, non è il tecnicismo a rapirmi, quanto, il ricordo e la storia della persona. Infatti, poco prima di salutarci per andare incontro ai doveri quotidiani di padre, Turrini ci regala un pezzo di sé, legato alla sua gioventù, legato a quella grande passione che accomuna entrambi: il giornalismo. Ecco che allora, dinnanzi a te, vedi un giovane ragazzo con la sua Olivetti Lettera 22 portatile, muoversi nel mondo alla ricerca della notizia, stanarla come un fine segugio e dettarla per telefono allo stenografo del giornale. Altri tempi, altri anni, altre emozioni. Un’altra faccia dell’uomo che tutti noi, conosciamo. Un uomo appassionato e dedito al suo lavoro in ogni istante, in ogni momento della sua vita, a partire dai tempi del giornaletto di classe. Un amore intramontabile.

Grazie quindi a Leo Turrini, per avermi permesso di regalare una giornata indimenticabile ed emozionante alla mia dolce metà, grazie per la cultura, le nozioni storiche, le chicche sulla Montblanc dal colore viola di Ferrari, del curioso e particolare vezzo del costruttore di Maranello di non togliersi mai gli occhiali in pubblico, alla sincera e vera commozione nel ricordare davanti alla riproduzione della macchina di Ayrton Senna, l’amico e il campione che ha riaccompagnato nell’ultimo viaggio aereo verso casa, prima della sepoltura.

Grazie, per averci regalato una parte così preziosa e sincera dell’uomo e del giornalista.

“Se lo puoi sognare, lo puoi fare”. Aveva ragione Enzo Ferrari. E’ davvero così.

Federica Casaroli.

 

 

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