Il dramma di Schumi, i media e noi
Stiamo tutti aspettando buone notizie da Grenoble.
Ed è giusto così.
Ho colto, in questi giorni di angoscia, una comprensibile propensione dei media, di qualunque genere, a dar la caccia a notizie, indiscrezioni, supposizioni, ricostruzioni, eccetera.
Anche questo è normale (non voglio dire sia anche giusto, ognuno ha il diritto di coltivare l'opinione che preferisce, a proposito della invadenza dei mezzi di comunicazione, dei social network e bla bla bla).
Mi preme però sottolineare una piccola cosa, nel vortice di speculazioni-mezze verità-mezze bugie-interpretazioni.
Certamente Michael Schumacher è stato un grandissimo pilota di Formula Uno.
Forse il migliore di sempre, sicuramente un personaggio entrato nella storia delle corse.
Per queste sue virtù 'agonistiche', Schumi è una figura pubblica. Fosse stato un comune turista sulle nevi della Alta Savoia in una domenica post natalizia, ovviamente il suo stato di salute interesserebbe soltanto alla gente di famiglia.
Questo scrivo non per giustificare gli eccessi mediatici, bensì per spiegarli, razionalizzarli, ricondurli ad un contesto condivisibile.
Dopo di che, c'è una cosa che a molti osservatori superficiali sfugge.
Michael Schumacher, come uomo, non come personaggio popolare, ama da sempre la riservatezza.
Non avete mai visto, per dire, foto dei suoi bambini, quando erano bambini.
La tutela della privacy si è talvolta tradotta in una sorta di ossessione: discutibile ma rispettabile, perchè ognuno del suo privato fa ciò che vuole e ci mancherebbe altro. Nel 2009, per dirne una, Schumi scelse di negare per mesi le conseguenze, dolorose, del suo incidente in superbike. La verità saltò fuori solo quando, molti mesi dopo, il Campionissimo fu costretto a rinunciare alla Ferrari di Massa, proprio perchè non si era ripreso dallo schianto su due ruote. Così come nel 1999, dopo Silverstone, Schumi, sempre legittimamente, scelse di non divulgare la verità intera sui tempi del suo recupero, poi rivelatosi felicissimo.
Dunque, è un crudele sgambetto del fato trovarsi, dopo una esistenza spesa a nascondere legittimamente la propria intimità, è uno sgambetto crudele, dicevo, ritrovarsi esposto in modo plateale all'angoscia di una battaglia per la sopravvivenza.
E' il rovescio della medaglia.
Non penso ci siano soluzioni praticabili, al di là degli appelli della famiglia e degli interventi di buon senso del magistrato di Albertville, che ancora oggi, domenica 5 gennaio 2014, ha invitato tutti a non spacciare frottole, a non alimentare versioni incontrollabili, eccetera.
Io sto con il magistrato e sto con la famiglia, pur rendendomi conto che non si può pretendere il silenzio stampa sulla vicenda.
La vita dà e la vita prende.
Io prego per lui: anche non siamo mai stati amici personali, gli sono debitore di emozioni che hanno inciso sulla mia, di vita.
E tanto basta, per sentirmi vicino e fratello.