Profondo Rosso

Buon compleanno Ayrton (con Zoff e Massa)

Oggi, vedi Google, Ayrton Senna compirebbe 54 anni.

Ringrazio tutti quanti hanno mostrato e stanno mostrando attenzione per il mio libro, intitolato 'In viaggio con Ayrton'.

Viste le classifiche di Amazon, pare siate in tanti a volermi bene, eh!

Di seguito, riporto volentieri i regali di due amici.

La prefazione al libro firmata dal carissimo Dino Zoff, che di F1 ne capisce infinitamente più di me (e di umanità, idem). E la postfazione di Felipe Massa, al quale va la mia eterna gratitudine (cioè, con quello che ho scritto di lui poteva anche mandarmi a quel paese, no?)

Ok. Ovunque tu sia, buon compleanno Ayrton.

Dino Zoff

Quando ancora ero un giovane che sognava di diventare un giorno un grande portiere, la mia vera passione extra calcio era l’automobilismo. Ricordo l’emozione che provai assistendo ad una Mille Chilometri di Monza riservata ai prototipi: vinse una Ferrari guidata da Mike Parkes e da John Surtees.

Insomma, non ho la pretesa di essere un esperto di velocità: però posso tranquillamente ammettere di aver seguito con attenzione, tra una parata e l’altra!, quanto accadeva sui circuiti di mezzo mondo.

Per questo affermo che un pilota come Ayrton Senna io non l’ho mai visto. La memoria mi spingerebbe a paragonarlo a Jim Clark, ma ai tempi dello scozzese la televisione non era tanto presente negli autodromi, quindi ci dovevamo rifare, noi fans della velocità, a cronache che magari sconfinavano nella leggenda metropolitana.

Invece Senna è stato il protagonista di un’era che non aveva segreti. Tutti potevamo controllare e verificare tutto, tramite le telecamere. E io di Ayrton ho avuto modo di apprezzare imprese strepitose.

Mi viene subito in mente il primo giro sotto il diluvio, a Donington nel 1993: fu un capolavoro di classe e di ardimento, gli avversari rallentavano in mezzo al temporale, lui accelerava. Incredibile e meraviglioso: così come era affascinante la sua assoluta precisione nei secondi finali della caccia al pole il sabato dei Gran Premio. Ayrton aspettava sempre l’ultimo istante utile, poi non sbagliava mai: sintomo di una sensibilità perfetta per le esigenze immediate e estreme del momento. Un po’,se posso permettermi, come la scelta del tempo per un portiere che deve uscire dai pali per abbrancare una palla che spiove dall’alto. Con la differenza che lui, Senna, queste cose le faceva a trecento all’ora, rischiando la pelle!

E poi, lo ammetto, mi piaceva la romantica contrapposizione tra le sue due anime. L’Ayrton pilota aveva qualcosa di sovrumano, per le ragioni che ho appena esposto. Ma senza casco, fuori dalla macchina, il personaggio esprimeva un moto, questo invece umanissimo, di sensibilità verso quanto apparteneva alla vita vera, ai problemi della gente comune, soprattutto c’era in lui una attenzione non superficiale per i drammi del suo paese, il Brasile.

L’1 maggio 1994, quando la sorte gli tagliò la strada a Imola, io stavo in panchina, come allenatore della Lazio, per una partita del campionato di serie A. Non ricordo assolutamente il risultato: in compenso, rammento vivissimo il dolore, come per un lutto personale, che provai quando mi dissero che Ayrton non c’era più. Ed è per questo che anni dopo, trovandomi in Brasile per ragioni legate al mio mondo, al calcio, mi sono recato al cimitero di Morumbi.

Per dedicargli una preghiera.

Felipe Massa

Quando Ayrton se ne è andato,in Brasile ci siamo sentiti tutti orfani. Io ero un ragazzino, avevo da poco compiuto tredici anni quando arrivò la notizia della tragedia di Imola. Fu un lutto collettivo. Piangevamo tutti, ci abbracciavamo per le strade, sconvolti da un vuoto che sapevamo non sarebbe stato mai colmato. Non avevamo perso soltanto un grande campione dell’automobilismo. Con Senna, si congedava un meraviglioso simbolo del nostro immenso paese. Ayrton è stato, nella storia della mia nazione, importante tanto quanto il leggendario Pelè, che con il pallone tra i piedi ha esaltato la passione di un popolo per il calcio, per il gol, per le emozioni figlie di uno stadio.

Sì,Ayrton non è stato semplicemente un asso del volante. La sua sensibilità nei confronti dei problemi del Brasile era qualcosa di meraviglioso. Lui si impegnava concretamente,senza cercare pubblicità gratuita, a beneficio delle fasce più deboli della popolazione, partendo dai bambini. Era un uomo vero e questo la gente lo capiva.

Sul pilota, posso tranquillamente affermare che è stato il migliore di tutti. Aveva una propensione straordinaria per la velocità. Non mi piacciono i paragoni tra protagonisti di epoche diverse, però non ho mai visto, in Formula Uno,  un campione con il suo istinto sul giro secco, con la sua capacità di portare il mezzo meccanico al limite, senza mai smarrirne il controllo. Era animato da una insopprimibile volontà di vittoria: in Brasile lo amavamo anche per questo, ma credo fosse ammirato anche in ogni altro angolo del pianeta.

Nel mio piccolo,sono orgoglioso di aver guidato per anni la Ferrari, la macchina con la quale certamente avrebbe concluso la carriera se il destino non avesse deciso diversamente. E mi commuove l’idea di essere adesso al volante della Williams, quella che è stata la sua ultima scuderia.

Ayrton Senna è nel mio cuore. E ci resterà per sempre.

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