Profondo Rosso

Com’era bella la mia Ferrari

Aspettando la sentenza Red Bull da Parigi, racconterò qui una storia.

C'era una volta la mia Ferrari.

Tra il 2008 e il 2009 a Maranello c'era un bravissimo ingegnere a capo della squadra prove. Si chiamava Gigi Mazzola. Una mattina gli fecero trovare gli scatoloni nella portineria del reparto corse. Si disse che così aveva voluto il dt, che si chiamava Aldo Costa.

In un giorno pasquale del 2009 ci venne detto che un formidabile uomo di pista, il mio amico Luca Baldisserri, era troppo stressato, dopo aver vinto con Schumi e con Kimi e persino con Irvine. Per alleviargli la tensione, lo spostarono a dirigere la più rilassante Driver Academy. Si disse che così avevano voluto nelle altissime sfere, dopo un bizzarro cambio gomme eseguito sulla Rossa di Raikkonen in Malesia.

Nell'estate del 2009 apprendemmo che un promettentissimo comunicatore di mestiere, il brillante Matteo Bonciani, non poteva più restare in divisa Ferrari. Pare non fosse gradito ad un certo Bahar o qualcosa del genere, allora molto in auge in Emilia. Oggi Bonciani gestisce l'informazione Fia per conto del Pinguino, alias Jean Todt.

In un giorno del tardo inverno del 2010 ci dissero che Cris Dyer, dopo un breve periodo trascorso rinchiuso in uno sgabuzzino, non poteva continuare a lavorare al muretto della Ferrari. Era l'uomo finito anche in un rap di Fiorello, 'by one point'. Ma in un pomeriggio ad Abu Dhabi aveva fatto la mossa sbagliata e non aveva calcolato che Petrov, fortissimo, era insuperabile. La rimozione di Dyer venne attribuita alla irritazione di Sergio Marchionne, fisicamente presente nel deserto in una dolorosissima domenica.

In un lunedì di maggio 2011 venimmo informati che Aldo Costa, il direttore tecnico, era stato sollevato d'urgenza dall'incarico. Motivo: la Ferrari di Alonso era stata doppiata, il giorno prima, dalla concorrenza in quel di Barcellona e si disse che i vertici del Banco Santander, annichiliti dalla umiliazione, avevano preteso la testa dell'ingegnere parmigiano.

Alla fine del 2012 prendemmo atto che Luca Colajanni, irsuto e bolscevico, per oltre un decennio Guardia Rossa con piglio maiosta, nemico della libertà di opinione ma devotissimo alla causa del comunismo e della Ferrari, non andava più bene per l'ufficio stampa del Cavallino. E' stato deportato in Siberia su un vagone piombato, destinazione Marussia.

Infine ieri, lunedì 14 aprile 2014, mi è toccato fare un scoop mondiale annunciando in anteprima le dimissioni di Stefano Domenicali e l'arrivo di Marco Mattiacci. Sinceramente avrei preferito non essere 'ripreso', come si dice in gergo, da tutti i siti web del globo terracqueo.

Perchè  la mia Ferrari non c'è più. Come nei dieci piccoli indiani della divina Agata, forse un giorno scopriremo chi è il vero colpevole.

Cioè, la prossima vittima. Ne manca solo una, ormai.

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