Gil, Michele e le libere di Spagna
A chi mi chiede di ricordare Gilles (ma anche Alboreto) rispondo che lo faccio volentieri, come posso e quando posso.
Mi è capitato di raccontare cosa abbia rappresentato Villeneuve per la mia generazione. Ero un adolescente e rimasi fulminato alla notizia che il Vecchio di Maranello sostituiva un asso come Lauda con un semisconosciuto. La simpatia per il personaggio fu istintiva, anche se non l'ho mai incontrato (Scheckter invece sì, grazie al custode della pista di Fiorano, che si chiamava Pelloni, al sud africano feci pure una intervista tv, nel febbraio del 1979). Il dolore per la sua perdita enorme. Di Gil mi hanno narrato tantissime cose gli amici di una vita, da Forghieri a Scaramelli, da Corradini a Piero Ferrari, eccetera: credo sia stato l'ultimo simbolo di una epopea fatalmente archiviata dalla storia. E questo me lo rendeva ancora più caro: era (o almeno sembrava) un eroe romantico. Gli davano, da vivo, spesso e volentieri del Don Quixote: infatti, io ho sempre un po' invidiato Sancho Panza, per la frequentazione che aveva.
Romantica è stata anche la parabola di Michele. A me ha colpito molto il fatto che Ferrari, ormai vicino al traguardo, abbia cercato e sognato di rivincere il mondiale, oltre trent'anni dopo Ascari, con un pilota italiano. Quel pilota era Alboreto. Il risultato non venne, ma l'uomo, che al contrario di Gilles ho conosciuto, era un puro di cuore. Il destino non gli è stato amico.
Magari una volta riparleremo di entrambi, se vi fa piacere. Intanto, qua sotto potete anche raccontare le libere di Spagna, se volete dedicando a entrambi un pensiero.