Profondo Rosso

Ecclestone e Monza

Ho letto anche io, come alcuni tra voi, le esternazioni di Bernie Ecclestone a proposito del futuro (improbabile) di Monza nel contesto del mondiale di Formula Uno.

Che volete che vi dica?

Io trovo ridicolo (e qui mi fermo per carità di patria) che una persona più vicina ai novanta che ai settanta anni possa immaginare di governare il futuro dell'automobilismo.

Non è questione di essere, anagraficamente parlando, di stampo renziano.

Io stesso ho una età in ragione della quale non mi si dovrebbero chiedere opinioni sull'avvenire del settore.

Purtroppo, anche a livello giornalistico, si fa molta, molta fatica a comprendere.

Ho scritto spesso (e quasi sempre da solo) che la Formula Uno è malata, in senso buono, di vecchiaia.

Son sempre quelli lì.

Todt. Bernie. Briatore. Williams. Montezemolo. Eccetera.

Fenomeni, eh, per carità.

Ma non ci voleva Einstein per capire che se fanno fuori la generazione dei Whitmarsh e dei Domenicali eccetera, ecco, è perchè non hanno alcuna intenzione di mollare l'osso.

Beninteso, anche per curare i miei interessi, ho un rispetto supremo per il valore della esperienza.

Ma c'è un limite a tutto.

O dovrebbe esserci.

Nello specifico, Monza è la storia. Può piacere o non piacere, risultare un ambiente anacronistico, non suscitare più troppi entusiasmi.

Ma è la storia.

E vai da francesi a dirgli che in bicicletta la Parigi Roubaix non si fa più.

O vai dagli inglesi a spiegargli che l'erba di Wimbledon non è affascinante come un torneo di tennis giocato in un giardino artificiale di Abu Dhabi o in India o in Cina.

Garantito che ti mandano a fare in culo.

Ecco, io la penso così.

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