Profondo Rosso

Steve McQueen non è mai morto

Ancora a proposito di emozioni.
Rosso antico. E non solo.
Mi sono imbattuto, quasi per caso, in un docufilm dedicato a Steve McQueen e alla sua passione per l'automobilismo.
E ho scoperto, con colpevole ritardo!, che nel 1970 il mitico attore si classificò secondo assoluto nella 12 Ore di Sebring. Steve, per quanto ferito ad una gamba, faceva coppia con Revson, pilota professionista atteso da un destino crudele. La loro macchina era una Porsche.
Di quella conservo un ricordo indelebile, che purtroppo non comprendeva Steve McQueen.
Compivo dieci anni e alla radio dissero che Mario Andretti, con un finale strepitoso, aveva condotto la Ferrari 512 S al trionfo.
Fu il regalo più bello per il bambino che ero.
McQueen trasse da quella esperienza al volante l'idea di realizzare il film sulla 24 Ore di Le Mans. Una pellicola per lui sfortunata, perché litigò con i produttori, con la moglie e si vide vietare la partecipazione come pilota alla gara. Si fosse fatto male in pista, il film sarebbe saltato...
La 24 Ore di Le Mans, reinterpretata da Steve con uso per l'epoca rivoluzionario delle cineprese montate su una automobile, fu l'omaggio di un attore atipico al fascino unico delle corse.
Ad un certo punto del docufilm, McQueen dichiara: "I piloti sono gli esseri umani più coraggiosi in assoluto".
Forse oggi non è più così, non lo so.
In compenso Steve McQueen, con la sua vita spericolata da film e da canzone di Vasco, dentro di me non è mai morto.
E avessi afferrato prima che era arrivato secondo alle 12 Ore di Sebring dietro la Ferrari di Andretti, Vaccarella e Giunti...

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