Profondo Rosso

Marchionne e il Suv che diventa Fuv

Vorrei dire sommessamente la mia sulla avvincente questione che potremmo riassumere, tra Suv ed elettrificazione, in un interrogativo banale banale.

Dove va la Ferrari?

Faccio una premessa di stile.

Sergio Marchionne esercita le funzioni di presidente della azienda di Maranello da poco più di tre anni. Un lasso di tempo troppo breve per permettere la formulazione di un giudizio equilibrato.

Esempio classico: all’alba del 1995, tra risultati nei Gran Premi e produzione di serie, non eravamo poi in tanti a considerare Montezemolo un grande leader. Quale in effetti è stato, con mio sommo gaudio.

Quindi, al netto di comprensibilissime simpatie/antipatie a pelle, diamo tempo al tempo.

Io aggiungo che in questo periodo di Marchionne credo di aver capito una cosa: alla Ferrari ci tiene davvero, non si considera di passaggio (immagina di restare a Maranello molto, molto a lungo) e insomma un certo tipo di pregiudizio ostile non regge.

Vengo alla sostanza, tenendo per ultima la Formula Uno.

Il Suv.

Anzi, il Fuv, Ferrari Utility Vehicle.

Sono d’accordo con i puristi che obiettano: ah, ma con la tradizione del marchio non c’entra niente. E’ vero, non ci piove.

Ma non sono così sicuro che il Futuro, con la maiuscola, debba essere respinto a priori. Se la logica è ‘mai adattarsi al tempo che passa’, presumibilmente il mondo non sarebbe andato avanti e non sarebbe andata avanti nemmeno la Ferrari.

Cioè, guardate che non è che il Vecchio abbia fatto sempre le stesse cose, dal 1947 al 1988. Aveva le sue convinzioni, era testardo, però, per evocare un caso classico, quando si accorse che avevano ragione quelli che in F1 avevano spostato il motore dietro, eh, sbuffò, si lamentò, ripensò ai buoi e all’aratro ma alla fine il motore lo mise dietro.

Quindi, che cosa fa la differenza?

L’eccellenza assoluta.

Se a Maranello fai un Suv, pardon, un Fuv, deve essere il prodotto migliore in quella gamma, per prestazioni-qualità-eccetera.

Dipende da questo, secondo me, la valutazione dell’operazione e qui si parrà la nobilitate di Marchionne Sergio. Perché se lui vede nel Fuv ‘solo’ una iniziativa per aumentare i volumi ed incrementare i profitti, a scapito della unicità del marchio, allora, a dispetto dell’esito finanziario, la soluzione sarà, per rubargli un termine recentemente uscito dalla bocca, una ciofeca.

Io spero che il presidente se ne renda conto. Chi dubita di lui, oggettivamente parte dal sospetto che l’aspetto commerciale sia la sola cosa che gli interessa. Se è vero, nel lungo termine Marchionne perde la partita, trasforma la Ferrari in una simil Porsche, con tutto il rispetto per la Porsche. Fuv o non Fuv, la Ferrari è tale se rimane, nell’immaginario collettivo, inimitabile.

Sulla ipotesi elettrica invece mi meraviglio della meraviglia. Conosco gli ingegneri che ci stanno ragionando sopra. Non so quanto fondata sia la previsione di una mobilità a emissioni zero in una prospettiva non remota. In compenso, so che non c’è costruttore, a qualunque livello, che non stia studiando la materia. Dire: ah, no, la Ferrari mai, la Ferrari non deve nemmeno pensarci, ecco, è suicida, oltre che sciocco. Magari non accadrà, ma se nel 2060 le automobili fossero tutte elettriche, super car comprese, e a Maranello non avessero manco un modello, beh, complimenti.

Ma questa è una scommessa comunque inverificabile per molti tra noi, dunque saranno i posteri ad emettere la sentenza.

Per motivi anagrafici, mi interessa di più il poster del campione del mondo di Formula Uno nell’anno del Signore 2018.

Marchionne, come tutti gli amici che si affacciano su questo ameno luogo detto Clog, vuole vincere.

Sui suoi metodi e sulle sue scelte, mi sono espresso ripetutamente. Il personaggio sta agli antipodi di Montezemolo, notoriamente.

LCDM desiderava essere amato dai collaboratori (ma non era Babbo Natale, a scanso di equivoci).

SM desidera essere temuto.

Fra qualche anno, sapremo chi ha scelto il metodo migliore.

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