Profondo Rosso

L’America di Hamilton e la Tribù dei Cerchi Forati

L’America di Hamilton comincia a Indianapolis nel 2007. Vinse con la McLaren e io ero lì. Fu il secondo successo in carriera di Lewis. Pochi giorni prima il Nero non ancora Re aveva rotto il ghiaccio trionfando in Canada.
A Indy andò a punti, finendo ottavo con la BMW, un ragazzo noto all’anagrafe come Seb Vettel.
Erano due predestinati. Oggi va molto di moda il giochino “Spara al Seb”. Notoriamente io non partecipo, trovo sia una idiozia, sopratutto da un punto di vista Ferrari.
Allo stesso modo credo che negare il talento di Hamilton sia come negare la rotondità della Terra.
Vengo ora alla amena questione della Tribù dei Cerchi Forati (Mercedes).
Faccio una premessa di metodo, se no non ci capiamo.
Dalla seconda metà degli anni Novanta, su iniziativa della Ferrari di Todt, le scuderie hanno smesso, salvo casi eccezionali, di presentare reclami l’una contro l’altra per motivi tecnici (e infatti recentemente Haas si è molto arrabbiata con Renault per non avere rispettato la prassi, anche se si trattava di un episodio un po’ diverso).
Spirito dell’accordo: smetterla con i ricorsi che negli anni Ottanta avevano trasformato la F1 in una rissa legale permanente.
Su iniziativa Ferrari, ripeto, l’approccio fu così modificato.
A introduce una soluzione tecnica basata su una discutibile interpretazione del regolamento. Allora B o C o D cosa fanno? Invece di sporgere reclamo, chiedono un chiarimento alla Fia. La quale Fia fa i suoi controlli e quindi comunica una decisione, valida da lì in poi.
In questo modo la Ferrari ottenne l’eliminazione del terzo pedale McLaren ai tempi di Hakkinen, fece togliere di mezzo le Michelin che si spiattellavano nel 2003 e ancora così fu fatto sparire il mass damper dalla Renault di Alonso nel 2006.
Può piacere o non piacere, come metodo. Ma funziona così da oltre vent’anni e chi oggi si stupisce o è ignorante (nel senso che ignora) o sta in malafede.
Veniamo dunque al 2018.
La Ferrari escogita una brillante trovata a proposito di batteria nell’ibrido. I concorrenti hanno dubbi sulla legalità della cosa. La Fia fa i controlli. Mette i sensori da iniziò estate. La Ferrari coi sensori vince in Inghilterra e in Belgio, ergo danni (dai controlli) zero. La Fia conferma che è tutto in regola.
Nel frattempo la Mercedes inventa la Tribù dei Cerchi Forati. La Ferrari ha i suoi dubbi e come ho detto a voce ai miei commensali di sabato scorso da Maranello parte (cioè, era partita da settimane) una bella letterina con richiesta di chiarimenti alla Fia. Che fa i suoi controlli e conclude che la Tribù dei Cerchi Forati è in regola.
A questo punto, ci sta che fior di ingegneri (io no, non ne capisco e candidamente lo ammetto da sempre, forse per questo amo, riamato, la F1) decretino che la Fia ha sbagliato in un caso o nell’altro o in entrambi.
Però, i fatti sono cocciuti. La verità è che su una lamentela Mercedes la Fia ha dato ragione alla Ferrari e su una lamentela Ferrari ha dato ragione alla Mercedes.
Io non ho alcuna simpatia per la federazione internazionale e nemmeno mi piacciono i sistemi di Jean Todt.
Solo che, fino a prova contraria, attribuire il quinto mondiale di Hamilton a sporche manovre di oscuri figuri, beh, è il modo migliore di lanciarlo, Lewis, verso il sesto titolo.
Fidatevi, a quanto pare di solito ci prendo.

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