Profondo Rosso

I 40 anni da anarchico di Kimi Raikkonen

  1. KR7 entra negli Anta.
    Mi fa piacere unirmi al coro degli auguri.
    Curiosamente, io Kimi lo conosco pochissimo.
    E forse proprio per questo l’ho capito benissimo.
    Dall’inizio.
    Ha capito anche lui. Un paio di volte mi sono arrivati suoi messaggi.
    Sobriamente affettuosi.
    I 40 anni di Raikkonen non sono, suppongo, la classica “svolta”.
    L’età lo condiziona marginalmente.
    Per dire, nel 2018 era già il pilota più anziano in pista e la sua stagione fu formidabile.
    Ma non mi interessa ripercorrere una carriera e ognuno è libero di giudicarlo come meglio crede.
    Secondo me non per caso è l’ultimo campione del mondo con la Ferrari, non per caso la Ferrari lo richiamò (episodio raro, dal 1974 in poi è accaduto solo a lui e a Berger), non per caso il giro più veloce della storia della F1 è la sua pole di Monza 2018.
    Ma de gustibus eccefera, ci mancherebbe.
    Semplicemente, Kimi è così amato nel mondo (è il pilota più popolare) perché tanta gente comune coglie in lui quella sincerità che il Santo Bevitore nemmeno tenta di nascondere.
    Raikkonen è come lo vedi. In quasi vent’anni di Formula Uno, ecco, non ha mai assunto un atteggiamento perché gli tornava comodo assumerlo. Non c’è finzione nelle sue stranezze e ovviamente non è finto nemmeno quando, fuori lavoro, si scola una bottiglia.
    Io nutro una simpatia istintiva per chi sa essere originale in un mondo (e non mi riferisco solo alla F1) dominato dalla ipocrisia della finzione.
    Poi ci sono originali che sono cretini e originali che sono intelligenti.
    Kimi è un anarchico intelligente.
    Ed è stata una fortuna raccontarlo, pur conoscendolo pochissimo.
    E di sicuro chi era a Interlagos una domenica d’autunno del 2007 non ha bisogno di altre parole.
    Grazie a lui per tutte le emozioni.
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