Profondo Rosso

Cosa ha rappresentato Valentino Rossi

  1. Ne stanno parlando tutti, giustamente.
    Del resto, l’ultima esibizione di Valentino su asfalto italiano merita una attenzione speciale.
    Io ignoro troppe cose del motociclismo per soffermarmi sull’elemento, diciamo così, sportivo.
    Sono amico di Agostini, del mio conterraneo Luca Cadalora, dei super competenti Francesco Nicolini da Magreta e del delirante Roli da Sassuolo: ho sempre trovato in loro una ammirazione totale per Vale pilota e mi basta, mi fido.
    Io posso parlare, sommessamente, di un altro aspetto.
    Vedete, talvolta nella vita ci si imbatte in Campioni che vanno oltre il confine dell’agonismo.
    Fu così per la generazione degli antenati, con Coppi e Bartali e con i calciatori del Grande Torino.
    È stato così per chi come me è nato nei Favolosi Anni Sessanta, grazie a personaggi come Pietro Mennea e Alberto Tomba.
    Forse persino a sua insaputa, io ritengo Valentino un …socio della stessa “azienda”.
    Grosso modo dalla metà degli Anni Novanta del secolo scorso, a mio parere l’Italia è entrata nel tunnel della depressione. Potrei citare dati socio economici, potrei evocare la crisi dell’ascensore esistenziale (prima funzionava: per dire, io sono figlio di un muratore), ma non intendo farla tanto lunga e poi ognuno è ovviamente libero di pensarla come meglio crede, su cause ed effetti.
    Di sicuro, per anni diventati decenni, Valentino è stato un potente antidoto contro la rassegnazione.
    Ci mettevamo a guardarlo la domenica pomeriggio e anche senza capire di moto ci consolavamo: eh, ma allora si può fare!
    Sta qui, penso io, la radice vera del Mito. In un processo di identificazione. Alimentato certo dai risultati, fin quando ci sono stati. Ma anche dal modo in cui il signor Rossi affrontava le cose e le sfide.
    Ci mancherà, I suppose, per questo. Lo rimpiangeremo non per le vittorie, che in fondo sono materia per addetti alle statistiche.
    Ci mancherà l’Eccezione che Vale ha incarnato, a dispetto del cognome più banale che ci sia.
    Grazie.
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