La strana storia del ferrarista Resta
È davvero un peccato che Simone Resta, in nome di legittimi vincoli contrattuali, non possa raccontare la sua storia.
La riassumo io, a beneficio dei miei quattro lettori.
Credo si tratti di una vicenda a suo modo istruttiva, almeno per chi ha a cuore le sorti della Ferrari.
In breve.
Il romagnolo Resta si forma in Minardi e poi fa il salto a Maranello ormai due decenni fa.
È un ingegnere, si occupa di telaio e quelle robe lì. Un professionista come ce ne sono tanti. Forse più bravo di alcuni, ma come è noto io capisco zero di tecnica e dunque mi astengo. Di sicuro ha fatto parte del gruppo dell’epoca d’oro.
Bene. Sergio Marchionne, una volta preso il posto di Montezemolo, scommette su Resta e ad un certo punto lo manda a fare il direttore tecnico della Sauber marchiata Alfa.
All’epoca il trasloco in Svizzera viene interpretato come il prologo di un successivo ritorno a Maranello, stesso ruolo.
Poi Marchionne muore e con lui va via l’idea di usare pienamente la ex Sauber come satellite al cento per cento del Cavallino.
Ergo, Resta rientra alla base e viene annunciato, in verità in modo vagamente fumoso, che sarà lui ad occuparsi del futuro progetto Rosso.
Ma lì qualcosa non funziona, da fuori si intuisce che il fu Mattia Pascal, inteso come Binotto, non ama Resta, che cordialmente ricambia l’insofferenza.
Ne consegue che questo Resta non resta al reparto corse, cioè per tre anni viene distaccato alla Haas, pure rimanendo un dipendente Ferrari.
Francamente la Haas non ottiene splendidi risultati (eufemismo).
Resta che non resta mai mesi fa comunica ai proprietari americani che abbandonerà la scuderia a stelle e strisce, a prescindere dalla sorte del team principal Steiner.
Teoricamente, adesso Simone è di nuovo a disposizione di Fred Vasseur, con il quale ha pure lavorato in Sauber Alfa, se non ricordo male.
Teoricamente.
È una storia curiosa, questa.
Anche malinconica.