Il colore Ferrari, il calore Antonelli
Se la Ferrari cambia livrea per la gara di Miami non mi scandalizzo.
È la modernità bellezza (peraltro con un richiamo storico ai 50 anni del titolo di Surtees).
Diverso sarebbe il discorso (e il mio tasso di indignazione!) se la cosa diventasse una abitudine.
Siamo sempre lì: è indispensabile individuare un punto di equilibrio tra business e tradizione.
Tra l’altro, sveglia amici nostalgici: con Ecclestone è stata la F1 per prima, nel contesto dello sport globale, a mettere gli affari al centro di tutto. Ben prima del calcio, per capirci.
Forse qualcuno era distratto. E badate che Enzo Ferrari, che era lungimirante, non ruppe mai con il piccolo Bernie. Ci litigava, per strappare condizioni economiche migliori per la sua Scuderia.
Quindi non abbocco al rimpianto per una presunta verginità mai esistita. Correre al Fuji76 perché scadeva il satellite o andare a fare un Gp in un parcheggio a Las Vegas, no, dico, me le ricordo solo io quelle cose lì?!?
Per inciso: nel presente la Ferrari è formidabile sul marketing (vedi HP, livrea, Hamilton, eccetera).
Meno brillante sul piano delle prestazioni in pista (che sono poi le cose che interessano a me).
Altra cosa.
Dal colore Ferrari al calore Antonelli.
Kimi subito in F1, dicono già da Imola, sarebbe un esaltante boomerang.
Mi spiego.
Faccio il tifo per il mio conterraneo, gente affidabile me ne parla meravigliosamente da anni.
Spero sia lui l’erede di Ciccio Ascari, ultimo italiano campione del mondo di F1.
Dopo di che, al netto di eventuale deroga sull’età, mi chiedo e vi chiedo.
Al ragazzo hanno già fatto saltare la F3.
Conviene proiettarlo subito sulla Williams, non esattamente una gran macchina?
Non c’è il rischio di bruciarlo?
Spero che Toto Wolff sappia quello che fa.