Il mesto addio della Renault
Ora che l’addio del motore Renault alla F1 è diventato ufficiale, confesserò di essere indifferente agli esiti della annunciata combinazione Alpine-Mercedes.
Nemmeno mi appassionano le ipotesi su una vendita della Scuderia: ci penserà Flavione vostro, alias Briatore, già geometra di Cuneo.
Ma insomma.
Qui finisce, vorrei dire alla chetichella (non usavo quest’ultimo termine in un articolo da circa 38 anni, probabilmente sto regredendo verso l’adolescenza!), in sordina, una storia meravigliosa, a tratti persino unica.
Era il 1977 ed ero un ragazzo molto ingenuo quando la casa francese annunciò che avrebbe portato in F1 una monoposto spinta da un motore turbo.
Il turbo!
Chi è nato dopo ha il diritto di non credermi e di non crederci, ma quella fu una rivoluzione.
E nelle cronache dell’automobilismo di rivoluzioni non ce ne sono poi state tantissime.
All’inizio, su quella presa del Palazzo d’Inverno della tecnologia pochissimi erano disposti a scommettere. E tale era la perplessità diffusa che persino quando Jabouille vinse il primo Gp con la Renault turbo, a Digione nel 1979, si parlò solo del secondo classificato, il mitico Gilles, per il duello frenetico (eufemismo) con l’altra Giallona sovralimentata, quella di Arnoux.
Eppure, sebbene la Renault dell’epoca il Mondiale non lo abbia conquistato, nonostante gli sforzi di un giovane Prost, in compenso conquistò il mondo. E il primo successo di Senna, Portogallo 1985, era targato Lotus Renault.
Dopo, i titoli sono arrivati, con l’aspirato dieci cilindri e non solo. A parte il biennio di Alonso, la Regie ha dominato come fornitore. Con Mansell, con Prost, con Schumi (sulla Benetton del 1995), con i figli d’arte Hill e Villeneuve e ancora nel nuovo millennio con la Red Bull di Vettel.
A rileggere l’elenco di chi ha vinto qualcosa con Renault, almeno con il motore Renault, si comprende il senso di una perdita che è una ferita. Magari inevitabile, ma abbiamo appena assistito ad una amputazione.
Nel 2026 i costruttori impegnati in F1 saranno Ferrari, Mercedes, Honda, Audi più la soluzione interna Red Bull con parziale (precario?) coinvolgimento Ford.
Mancherà un nome, un brand, un marchio. Mancherà un frammento d’anima.
Ps. Nel 1979, la domenica di Digione, stavo preparandomi per l’esame di maturità, che iniziava quarantott’ore ore dopo.
Quella sera un mio zio adottivo disse: mi sa che il turbo da Gp dobbiamo farlo anche noi.
Lo zio si chiamava Mauro Forghieri.