La Ferrari di Coletta, la Ferrari di Vasseur
Giorno verrà (si spera, eh) in cui John Elkann avrà modo di comprendere quanta popolarità e credibilità regali l’essere leader di una Ferrari campione del mondo di Formula Uno. Il fatto che nella Storia siano riusciti nell’impresa solo il Drake Fondatore e Luca Cordero di Montezemolo la dice lunga…
Certo nel presente al presidente del Cavallino va riconosciuto il merito di aver riportato le Rosse, d’intesa con Piero Ferrari, a competere al massimo livello nelle gare di durata.
Nel frattempo, vi lascio alle poetiche disquisizioni del tenero Emi sulla vittoria di Imola.
10 a Giovi, 11 ad Ale
Ciao Nume.
A prescindere dal proprio credo, mi unisco al cordoglio dovuto alla figura di Papa Francesco. Mi sembra una doveroso atto di rispetto a prescindere dai propri pensieri. Mi viene ancora in mente quando Almirante più di 40 anni fa da fiero avversario politico, rese omaggio al feretro Berlinguer. Quindi, si può fare(almeno, io la penso così).
Venendo a noi, sembra sia stato facile profeta. Beh, in effetti qui la Ferrari aveva qualcosa in più delle proprie avversarie. Non aspettiamoci la stessa performance a Spa, perché a questo punto dopo due vittorie consecutive in apertura di campionato, il tuo “amato” Bop in Belgio, non darà scampo alla Rossa. Anzi, a dirla tutta è una vittoria che va addirittura stretta agli uomini di Coletta, ma di certo aver diversificato le strategia legata ai rifornimenti nelle ultime due ore di gara per via del meteo incerto (visto quanto successo l’anno scorso)ha fatto sì che avvenisse il mancato “Triplete”( a proposito, certo che tu un po’ sereno nei colori per cui scegli di tifare non riesci mai a stare…) Aggiungi un duello fin troppo rusticano tra Fuoco (pesava tantissimo anche il tempo cancellato al sabato per track limits che ha relegato la 50 in fondo allo schieramento) e Buemi, insieme a un ultimo pit non proprio perfettissimo per la giallona di Kubica e la magica combinazione è sfumata prima del tempo. Tutte cose che legano il mondo dei piloti ai propri risultati in pista, insieme a quella sottile differenza culturale di chi abbia corso in monoposto e chi no. E allora, prendo spunto dalle tue pagelle per dirti una cosa. Se a Giovi hai dato dieci, a Pier Guidi dovresti dare undici. Ecco che tira acqua al suo mulino, penserà qualcuno. No, no. È solo logica constatazione nel vedere quanto Antonio abbia saputo calarsi nella realtà Endurance in maniera pressoché perfetta e non vivendo la cosa in maniera assolutistica, come successo a suoi più illustri colleghi, come lui provenienti dalla F1. Perché dico questo. Perché correre in tre non è mai semplice e per come lo ha fatto l’equipaggio della 51, da semplice Stradivari da corsa è una magia che sottintende un perfetto affiatamento. Non stressare troppo la macchina per lasciare un decente equilibrio meccanico a chi deve guidare dopo di te. Uno di quei segreti Endurance che fanno sempre una grande differenza. Una di quelle cose che piloti come Pier Guidi portano da sempre con loro trasmettendolo ai compagni di squadra, avendo frequentato in carriera sostanzialmente le sole ruote coperte. Poi, se avessi visto coi tuoi occhi come Ale ha corso l’ultima ora e mezza avresti capito anche tu, per quel fiuto giornalistico che da sempre ti contraddistingue. Per tutto il weekend la 51 è stata di un’altra categoria, senza mai una sbavatura e un nemmeno un richiamo dalla direzione gara.
Poi c’è stata la festa, il paddock, di quelli che inseguivano Vale Rossi e i piloti Ferrari in separate processioni laiche da corsa. Venerdì mattina, Pier Guidi per percorrere i 300 metri che dividevano, l’hospitality Ferrari dal box, ha impiegato cinque minuti, sovrastato da una moltitudine di selfie e autografi volanti. Ecco, non sarà La F1, ma nel Wec non è poi così male. Quando tu dai 10 a Giovi. E io 11 ad Ale.
