Profondo Rosso

Cosa ci lascia il film di Brad Pitt sulla F1

Sono andato a vedere il film sulla F1 con Brad Pitt.
Non scrivo recensioni cinematografiche, non è il mio ramo.
E poi è giusto che ogni appassionato, se ha voglia di godersi lo spettacolo, si faccia liberamente la sua idea.
Alcune cose posso però metterlo nero su bianco.
In termini di potenza e realismo delle immagini, certamente è il miglior film realizzato sulle corse. C’è uno sforzo tecnologico notevolissimo.
Così come certamente è un peccato che Hollywood, quando deve fantasticare sul l’agonismo, sempre ricada nello schema Rocky: qui si narra di un pilota che torna a disputare Gran Premi dopo trenta (!) anni di assenza.
E insomma, un filino esagerato, come spunto creativo.
Ma aggiungo che lo Star Power di Brad Pitt (e di Javier Bardem, che pure è più bravo) è semplicemente pazzesco.
Ci sono poi due riferimenti che mi coinvolgono direttamente e dunque mi hanno commosso.
Non spoilero. Non del tutto, almeno.
C’è un rimando al terrificante incidente che a Jerez nel 1990 coinvolse Martin Donnelly. Ero lì e fui l’unico giornalista italiano, insieme al carissimo Franco Lini, già ds Ferrari nel giorno dell’arrivo in parata a Daytona, a raggiungere il luogo dello schianto. Donnelly era esanime sull’asfalto, la sua monoposto si era spezzata. Mentre ero la’, atterrito, sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla: era Ayrton Senna.
Poi nel film c’è una donna nei panni di direttore tecnico di una scuderia.
Ho pensato subito alla compianta Antonia Terzi, ingegnere aerodinamico della Ferrari del Dream Team e poi passata in Williams. Antonia non c’è più, ma ha fatto la storia della F1. Eravamo amici, chissà che gli sceneggiatori non si siano ispirati alla sua esistenza, ovviamente esclusi i tratti sentimentali del film.
Infine e comunque, Hamilton ad Abu Dhabi perde sempre all’ultimo giro anche nella fiction e Vasseur e’ una garanzia pure sul set, cioè ride sempre.
Ci si legge dopo le qualifiche austriache.

comments powered by Disqus