Ayrton, per sempre
1 maggio.
Da quasi vent'anni, a ridosso di questa data c'è sempre qualche amico che mi chiede un brandello di memoria a proposito di Ayrton.
Io credo, anche in questo luogo irripetibile, di aver raccontato emozioni e rimpianti, dal viaggio in aereo per il Brasile accanto alla bara a tutto quanto circondò un evento dolorosamente indimenticabile.
Poi ci sono le cose banali, che spesso hanno il difetto e il pregio di essere le più intime.
Fine estate del 1991.
Spa, Ardenne.
Girava la chiacchiera, al giovedì, che Senna fosse sul punto di lasciare la McLaren per passare alla Williams.
Eravamo tutti barricati in sala stampa, ad aspettare l'arrivo del brasiliano, che doveva incontrare Frank Williams. Poi ci sarebbe stato un annuncio.
Io avevo un febbrone da cavallo, Mi reggevo a stento in piedi e l'albergo stava a Liegi, settanta chilometri più in là.
Alle sei della tarde arriva Ayrton.
Viene circondato da una torma famelica di cronisti a caccia di notizie, cioè della notizia.
Lui fa: ora parlo con Frank, poi quando esco conferenza stampa.
Io mi faccio largo tra la turba e con occhio pietoso sommessamente lo interrogo senza parlare, ci si capiva con uno sguardo: scusa, era il messaggio, ma hai visto come sono conciato?
Senna mi guarda e quindi rettifica: no, niente annuncio stasera, dopo l'incontro con Williams dovrò meditare, ci vediamo domattina alle 9, prima delle libere, così adesso qualcuno può andarsene a dormire subito.
Ovviamente, non aveva nulla su cui meditare.
Sai come diceva l'androide nel finale di Blade Runner?
Sono memorie che presto andranno perse, come lacrime nella pioggia.