Saarinen e Pasolini, 40 anni dopo
Quaranta anni fa, il 20 maggio 1973, il Milan di Gianni Rivera andò a perdere un incredibile scudetto sul campo del Verona, a beneficio della Juventus di Cuccureddu.
Avevo 13 anni e stavo allo stadio con mio fratello e il nostro coetaneo Giancarlo Corradini, compagno di squadra nei Pulcini, in futuro campione d'Italia con il Napoli di Maradona.
Dovevamo seguire una partita di calcio del Sassuolo, allora eroicamente relegato in quarta (o quinta, non ricordo bene) serie.
Di colpo alla radio dissero che a Monza c'era stato un terribile incidente, durante una gara del motomondiale.
Era un altro mondo. Le notizie arrivavno, quando arrivavano, con il contagocce.
Dissero che erano morti Jarno Saarinen e Renzo Pasolini, i due rivali storici di Giacomo Agostini, in quel periodo.
Io andavo matto per il finlandese (la qual cosa un abile psicologo coglierebbe come spiegazione di una mia simpatia professionale nel presente). Sembrava venuto dal futuro, per come faceva le curve, per come costringeva la motocicletta a piegarsi obbedendo ai suoi impulsi, quasi in contrasto con le leggi della fisica.
E anche Pasolini era un bel tipo. Ruvido, non glamour come Ago. Quasi un eroe della periferia.
Anni e anni dopo, chiesi a Walter Villa, che rimase coinvolto in quello schianto atroce, come fossero andate le cose, là a Monza.
Villa aveva l'ombrellone non distante dal mio a Cesenatico e per educazione sopportava la scocciatura di un giovane in vacanza.
Mi disse: sai che non lo so? Nell'incidente presi una botta micidiale e restai svenuto sull'asfalto, mi portarono via con calma credendo fossi morto pure io, quando mi sono svegliato ho cercato di capire ma non i sono mai riuscito, forse fu soltanto una orrenda coincidenza.
Da domani parliamo di Montecarlo, promesso.
Oggi no. Oggi mi ricordo tre bambini che piangevano allo stadio e i grandi attorno non capivano perchè si dovesse piangere per uno scudetto del pallone.