Il fascino indiscreto di Montreal
Sono andato per la prima volta a Montreal nel 1991.
Mi colpì subito il fascino europeo della città. La meno lontana, in Nord America, dalle atmosfere del Vecchio Continente. Certamente per la propensione indipendista, fin qui mai realizzata, del Quebec francese.
Credo di aver già raccontato il mio amore per il Canada, inferiore come bellezza forse soltanto all'Australia.
E la gente, poi. Espansiva, calorosa. Pure troppo, se ti capita di frequentare i locali di Contact Dance.
Ma insomma, Gilles, l'isola di Notre Dame, il circuito, i muretti.
Un oceano di ricordi.
Nel 1991 Mansell con la Williams restò a piedi durante l'ultimo giro e tutti a dire che aveva mandato in tilt il cambio sbracciandosi per salutare i tifosi. Gran balla ad uso e consumo dei detrattori del Leone, inutilmente costretto per anni e anni a smentire. Ma si sa, tra leggenda e verità in certi mondi vince sempre la leggenda (citazione dal finale de 'L'uomo che uccise Liberty Valance', si capisce).
E il 1998. Una vittoria meravigliosa di Schumi, con tanto di cozzo ai danni di Frentzen, una manovra spregiudicata persino a giudizio di un fan del Vecchio Zio quale io sempre fui.
Il 1999. Schumi che va, anche lui!, a baciare il muro dei campioni, distruggendo la Ferrari. Ma, se non altro, l'episodio mi regalò l'amicizia di Otelma, il cofondatore di questo Clog.
Ancora. Sempre nel 1999, una rimonta pazzesca di Irvine, salito sul podio grazie ad una quantità industriale di sorpassi. Senza Drs, allora.
Kubica. Il suo incidente rovinoso, la paura, infine la vittoria, purtroppo l'unica, a un anno di distanza, quando Hamilton ai box tamponò Kimi, cambiando di fatto la storia di un campionato che altrimenti il Biondino avrebbe conquistato, ne sono quasi sicuro.
Eh, quel fascino indiscreto di Montreal...