Profondo Rosso

Quando Ferrari vendette casa (per correre)

Dopodomani a Modena viene inaugurato il MEF, in codice il Museo Enzo Ferrari.

Ci sarà modo di riparlarne. Qui mi limiterò a ricordare che la struttura moderna, molto bella, è stata realizzata accanto alla casa nella il Drake nacque.

E pochi sanno che proprio quelle mura, in una maniera romanticamente irripetibile, sono all'origine del Mito. Grazie ad una scelta, coraggiosa ed anticonformista, di un giovane uomo chiamato Enzo.

Ecco, in anteprima, come suo figlio, Piero, rievoca, per il catalogo ufficiale del MEF, l'avvio di una leggenda.

 

Piero Ferrari

"Ogni storia, bella o brutta che sia, ha il suo inizio. Spesso assolutamente normale, quasi anonimo. Ed è così anche per mio padre: la sua avventura umana è cominciata tra le mura di questa Casa, che adesso ospita il Museo a lui dedicato.

Non è mai semplice, per un figlio, confrontarsi con la figura del genitore. La vicenda di Enzo Ferrari, poi, è stata raccontata talmente tante volte da lasciare poco spazio alla immaginazione.

Eppure, mio padre di immaginazione si è nutrito. Intendo l’immaginazione come capacità di sognare, come voglia di osare, come desiderio di stupire. Era talmente grande la sua passione per le automobili che, dopo le tragedie della Prima Guerra Mondiale, non esitò a vendere la Casa dove era nato: i soldi gli servivano per comperare una macchina da corsa. In questo gesto, così felicemente spregiudicato, io colgo il segnale di uno spirito vitale irresistibile.

Enzo Ferrari, se posso parlarne in veste di osservatore e non come diretto discendente, ha quotidianamente scommesso sul futuro. Sul futuro e su se stesso. Quando diceva che l’auto più bella sarebbe stata la prossima, non giocava con i luoghi comuni e non si concedeva il vezzo di una battuta ad effetto. Era sincero: guardava avanti, senza adagiarsi sugli allori. Nella tenacia di un impegno ininterrotto io ci vedo la sua lezione più attuale, valida per chiunque e in qualunque contesto: c’è sempre una sfida nuova da affrontare, c’è sempre qualcosa da inventare, progettare, produrre. E c’è sempre una corsa da vincere.

Da modenese, mi fa piacere pensare che questa caratteristica, vorrei dire questo Dna, appartenga alla gente del territorio che lo ha generato. Da modenese, mi riempie di orgoglio il fatto che papà non abbia dimenticato le sue radici e le sue origini nemmeno per un giorno, nemmeno per un minuto.

Era, grazie al suo ingegno, un cittadino del mondo. Lo conoscevano e lo conoscono ovunque, in ogni angolo del pianeta. Ma non ha mai rinnegato il punto di partenza: volle il giallo, il colore di Modena, come sfondo del Cavallino Rampante, proprio perché fosse e restasse chiaro da dove veniva, da dove aveva mosso i primi passi e dove sarebbe sempre rimasto.

Mi auguro che questa Casa Museo aiuti tutti, in particolare i più giovani, a custodire il tesoro della memoria.

Modena, 10 marzo 2012."

comments powered by Disqus