Profondo Rosso

Post Qatar, domande a Vasseur e Domenicali

Considerazioni spicciole su un Gran Premio che non resterà nella memoria.
Almeno, non nella mia.
Il Qatar è perfetto per Messi, va bene per Verstappen, si adatta pure alla sempre più sorprendente McLaren, esempio concreto di come si possa risalire la china anche senza test in pista (poi, vabbè, uno dice: ma hanno usato i Gp per sperimentare, gli Stella boys. Ok, ma gli altri non li disputavano, i Gp? Chiusa parentesi).
Dopo di che, il Qatar non va bene per la Ferrari. E nemmeno, come tenterò di spiegare, per l’intera Formula Uno.
Capitolo Rossa. Già era stato imbarazzante (eufemismo) scoprire che Sainz nemmeno poteva partecipare alla corsa (a proposito di disputarli, i Gp) per una questione di affidabilità (si era rotto qualcosa sulla macchina, area benzina). Ma quando al via Hamilton (e insomma, sarà stata colpa di Masi) ha dato di matto, lanciandosi addosso al compagno Russell, beh, ingenuamente speravo che il Cavallino potesse guadagnare qualche punto sulla Mercedes.
Nisba, invece. Da ultimo che era, Russell è andato tranquillamente a prendere Leclerc. A dimostrazione di come il viaggio Ferrari nel deserto sia ben lungi dalla Terra Promessa. In breve e senza amor di polemica: Fred Vasseur deve porsi qualche domanda e dare magari qualche risposta.
L’altra cosa che voglio dire esula dalla dimensione Rossa. Pecunia non olet, lo sport business ha le sue regole, gli affari sono affari.
Ma c’è qualcosa che vale più dei bilanci: si chiama credibilità. Si può andare a gareggiare su una pista che spinge la Federazione internazionale ad imporre tre soste obbligatorie per ragioni di sicurezza? Non sarebbe meglio, chiedo al mio amico Stefano Domenicali, l’erede italiano di Bernie Ecclestone, esigere dagli organizzatori locali, fossero anche sceicchi, il rispetto di una cultura, di una tradizione, insomma di una Storia con la maiuscola, una Storia che viene da lontano?
Qui non si tratta di essere naïf. Ne’ di sposare l’inutile nostalgia del tempo che fu, come è noto io la detesto, la nostalgia trombonesca.
No: è che ci sono limiti che non possono e non debbono essere superati. Oh, lo so bene che tanto vince sempre Verstappen.
Ma insomma, c’è modo e modo.

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