Roland e Ayrton, un attimo fa
Roland e Ayrton.
Un attimo fa.
Anche se sono passati trent’anni.
È strano, sapete.
Scorre il tempo e in teoria, come spiegano quelli bravi, dovresti diventare cinico.
Invece, no.
Roland e Ayrton.
Ratzenberger e Senna.
Un attimo fa.
Non mi sono chiesto mai, dopo, cosa avrebbero fatto e ottenuto in pista, cioè come piloti, se il Destino non fosse stato crudele.
No.
Mi sono domandato, piuttosto, che amori avrebbero vissuto, che libri avrebbero letto, che canzoni avrebbero ascoltato.
Perché questo credo di aver capito un attimo fa a Imola, il 30 aprile e l’1 maggio 1994.
Ho capito, allora e per sempre, che l’automobilismo è un impasto di umanità e di tecnologia, di passione e di ossessione, di razionalità e di istinto.
In fondo, un attimo fa, Roland e Ayrton non erano Simboli, non erano il Milite Ignoto e l’Idolo Assoluto, caduti sul fronte della Velocità.
O meglio: sono stati “anche” questo, ma non erano “solo” questo.
Erano esseri umani come ognuno di noi, erano un groviglio di emozioni, un intreccio di sentimenti, un mix di sanissime contraddizioni.
Un attimo fa, cioè trent’anni fa, li abbiamo perduti e se è vero che chi salva una vita salva un mondo, beh, due vite perse sono due mondi dissolti, dissipati, inghiottiti dal buco nero del rimpianto, del rimorso.
E però.
Però nessuno muore mai davvero fin quando qualcuno sarà in grado di ricordarlo. Dunque, è confortante che trent’anni dopo un attimo fa ci sia ancora chi custodisce la memoria di Roland e di Ayrton. E mi commuovo quando chi è nato dopo mi chiede di loro.
Se mai potessi rivederli, Roland e Ayrton, La’ dove stanno adesso, La’ dove guidano adesso macchine da sogno, se mai potessi rivederli, sì, gli direi che ho ancora lo stesso groppo in gola di un attimo fa, di trenta anni fa. Cioè non gli direi niente, perché le parole non riuscirebbero ad uscire.
Ma basterebbe uno sguardo.