Profondo Rosso

Messico e nuvole, sognando Ferrari

Messico e nuvole.
Potrei evocare il ritorno di Kimi Antonelli sulla Mercedes di Sir Lewis nelle prove libere: auguri al ragazzo, il minimo sindacale è tenere la macchina in pista più a lungo che a Monza, eh.
Messico e nuvole.
Potrei evocare i 400 Gran Premi di Fernando Alonso. L’ho conosciuto, il vecchio zio delle Asturie. Sono e rimango un suo estimatore. Al tempo stesso ritengo abbia buttato via il meglio della sua carriera per limiti caratteriali esasperati da adulatori sciocchi. Altrimenti non si spiega come mai non tocchi palla da vent’anni o giù di lì.
Ma tutto questo, abbiate pazienza, mi interessa marginalmente.
Messico e nuvole per me significa il redivivo sogno Ferrari.
Lo dico sommessamente e senza pretendere di convincere.
Non sono d’accordo con chi attribuisce alle mosse Fia sulle ali posteriori e anteriori di McLaren e Red Bull la riscossa Rossa.
Non sono d’accordo perché se questa fosse la spiegazione vorrebbe dire, beh, che a Maranello non hanno meriti.
E questo non è giusto nei confronti di tutti, da Vasseur in giù.
Questo è l’ossimoro dei complottisti ferraristi: se stiamo al top o lì vicino soltanto perché gli altri hanno smesso di barare (cit.) allora il corollario è che non è in atto una crescita vera del Reparto Corse.

Non su può essere incinti solo un pochino.

E io invece voglio sperare che la rinascita, auspicabilmente duratura, sia frutto di un metodo, di una politica, di una cultura, persino di una filosofia.
Immagino avremo modo di riparlarne.
Intanto, Messico e nuvole.

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