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Giovani per davvero: Diego Salvadori


VEDI IL VIDEO Da “lsd-luci di sospensione” (collage di versi)

Firenze, 5 settembre 2012 – Che l’Ateneo fiorentino costituisca una sorta di vivaio della poesia italiana contemporanea? E non da ora, a dire il vero, pensando che di lì, a varie altezze cronologiche ma con flusso sufficientemente costante nel corso degli anni, sono passati poeti oggi affermati come  Maura Del Serra e Giacomo Trinci, Rosaria Lo Russo, Alba Donati ed Elisa Biagini, e ancora, almeno, Paolo Maccari, Caterina Verbaro, Rosalba De Filippis e l’albanese Çezarin Toma, e tra i giovani e giovanissimi Bernardo Pacini e Valentina Fiume (ci scusino quanti di sicuro avremo dimenticato, succede sempre così).

Ma l’attualità siglata Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze non è rappresentata solo da Marco Corsi, del cui lavoro abbiamo parlato in un precedente post, e  non si esaurisce neppure, come chi ci segue vedrà, con il «giovane per davvero» di cui vogliamo occuparci adesso, e cioè Diego Salvadori (il prossimo, lo anticipiamo, sarà Tommaso Meozzi, l’autore di La superficie del giorno, già vincitore nella sezione giovani del «Premio Lerici-Pea» 2010).

Salvadori è nato a Empoli ma vive da sempre a Castelfiorentino. Ha già al suo attivo, a connotarlo, un libro di narrativa e due libri di versi, assieme ad una attività artistica più ampia che spazia dalla letteratura alla fotografia e alle arti visive, come un avanguardista d’assalto, tutto provocazione, trasgressione e voglia di épater dai territori dell’anticonformismo radicale e  più radicalmente professato. Basta visitare il suo blog per rendersenre conto (poi ve lo indicheremo), e basta finanche conoscere l’allusivo  titolo del suo primo libro (con allegata provocazione visiva in copertina ancor più forte e diretta affidata a un proprio autoritratto fotografico in versione fetish-sado-maso, davvero degno di una scena perversa di Pulp Fiction o di un uno scandalo mediatico di Madonna o Lady Gaga),  lsd-luci di sospensione (Ibiskos-Risolo, 2011). Lo aveva preceduto l’anno prima, per le edizioni Albatros, Junk word. Un libro di carne putrida, mentre a lsd-luci di sospensione ha fatto seguito un altro di poesia edito in versiono telematica, Minotauro, che ha vinto nel maggio scorso il concorso letterario «Oubliette», legato all’omonima rivista on line.

Ma con i suoi testi di poesia Diego Salvadori si era già fatto notare in vari premi toscani di lunga tradizione, dal «Casentino» al «Castelfiorentino». Di lui ci piace presentare il poemetto intitolato Sdoppiamento con il quale nel 2011 si impose al concorso «Arno fiume di pensiero», conseguendo un meritatissimo primo premio ex aequo al fianco della giovane autrice di un racconto, anch’esso su tema arnesco, Martina Masini.

Il giudizio che la giuria del concorso formulò allora sul testo premiato fu lusinghiero e qui lo riportiamo: «L’articolato e tutto riuscito poemetto in versi che Diego Salvadori ha dedicato all’Arno, sulla scia di un titolo sufficientemente eloquente come Sdoppiamento misura le possibilità espressive di un ‘io’ indagato e inscenato mediante dislocazioni e differimenti, divisioni e doppiaggi, specularità e rifrazioni, nella fiducia di poter ritrovare nella cangiante immagine di un fiume e nei suoni di una chiaroscurata dizione naturale i termini più affidabili di una propria decifrazione-confessione».

Sdoppiamento in quattro tempi tra sè e un fiume, dunque, ma anche sdoppiamento tra sè e sè, tra possibili molti «io» ipotetici tra sincerità e finzione rivelatoria che l’incendiaria vena ispirativa di Diego Salvadori accondiscende e attraverso la scrittura realizza. Quale è la sua anima più profonda, più identificante e qualificante? Un incendiario o un povero incendiario da poesia? L’esempio di Aldo Palazzeschi, con il suo fantastico, futuristico e insieme crepuscolarmente malinconico, poliedrico e polimorfo, ambiguo e sfuggente uomo di fumo che risponde al nome di Perelà, potrebbe orientare verso una plausibile indicazione di risposta, o perlomeno suggerire piste utilmente percorribili in questo senso.

Spazio dunque, volendo individuare tratti dell’anima di Salvadori, alla sua voce, non senza diverosamente fornire, parlando da una piattaforma telamatica e multimendiale come le nostra, il link per conoscerlo meglio: http://diegosalvadori.blogspot.it/ . Preparatevi a un’esperienza forte, ma i poeti d’assalto devono essere fatti così, ci mancherebbe! E considerate anche, visitando il sito (che a dire il vero però, rispetto a qualche tempo fa, si è graficamente un po’ troppo normalizzato, perdendo inevitabilmente di mordente al primo impatto), quanti libri e quanta letture, quanta cultura e quanta passione, quanta sensibilità e quanta forza hanno nutrito e nutrono un’esperienza espressiva così dirompente e rutilante: così necessaria nelle sue oltranze come nelle sue incertezze, e come la vera arte sempre in contatto con la vita, con la sua complessità.

Marco Marchi

Sdoppiamento

(1)

Lambisco le tue sponde
in questa notte.
Rasento il fango d’incrinate rocce.
Al mondo ho detto “vado
nel mio sogno”.

Non sai quanti gradini per trovarti.

Conosco il tuo respiro,
il sibilare;
il verde limaccioso del tuo abisso;
la rabbia,
immobile e terrestre,
di ritrovarmi, sempre,
qui a guardarti.

La tua sorgente brulica, s’accende,
di scosse
ondosi spasmi
e movimenti.

Anima,
del tuo fluviale nembo,
che sbianca di caligine i confini.

Ma mangia le mie suole l’inseguirti;
lo starti appresso sotto un latteo cielo.
E fuggo il mio risveglio,
la mia fine:
un’anima non può gridare all’acqua.

(2)

Inizia la mia corsa,
il mio torrente.

Sono ruscello:
flutto di domande.
Marina ti sorride in lontananza.
Il sogno mio si prostra
e si protrae.

Penombra… cenere del mondo.
Tu che mi eludi;
mi allontani sempre;
sul fondo del tuo tortile cammino,
che, zitto, ruba i passi della luce.

Ecco:
adesso non c’è niente.
Solo noi: idoli di fiamme.

T’immagino fratello;
mio compagno;
presenza, dentro a un arido reale.

E mi abbandono,
seguo la corrente:
fuggiasco nel tuo inguine terroso.

Sospendo il corso di una vita infranta.

Rincorro il me che ancora non è stato.

(3)

Ma io non so,
non so dove cercarti:
tra le radici;
tra i canneti inerti;
oppure dentro a un denso sussurrare;
nel verde melangiato della vita.

La tua prossimità si fa vicina,
e piega
l’ombra ostile dell’Adesso.

 In questa pace d’acqua non ti sento;
Arno:
mare e sacca del mio tempo.

(4)

Sterpi.
Ciottoli smussati.
Richiami obliqui, in questa confluenza,
del tuo perfetto e libero ondeggiare,
che spazia
corre e vive
nell’Eterno.

Feroce azzurro, in cielo è già mattina:
un’alba nuova di
bagliori eversi;
le palpebre del giorno ancora intatte,
nel dolce diluirsi del tuo sale.

Scandisce la mia vita un bilancino,
ancora intriso d’alghe
squame e sabbia.

T’inseguirei per sempre,
più veloce.

Arno…
il mio risveglio
alla tua foce.

Diego Salvadori

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