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L’intervista. Camilleri e la Musa / 1


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Firenze, 16 ottobre 2012 – «Non pensavo mai di diventare uno scrittore. Pensavo di avere buone chances in poesia...». Lo avreste mai detto che agli inizi della sua carriera letteraria Andrea Camilleri fosse stato tentato più dalla poesia che dalla narrativa di cui sarebbe poi diventato esponente di spicco, ultracclamato  e ultratradotto, dei nostri giorni?

Sì, proprio così: il futuro padre di Montalbano, giovanissimo, trovava in Ungaretti, Montale e Saba e semmai nel Cecchi prosatore d'arte di Pesci rossi i suoi punti di riferimento privilegiati, i suoi autori elettivi, i suoi modelli. Un'attrazione primigenia e continuata, quella della poesia, da un'infanzia incuriosita e turbata dall'approccio all'Orlando Furioso di Ariosto in una edizione illustrata posseduta dal padre alle prime tappe dell'esordio letterario ufficiale.

Camilleri pubblica infatti su «Mercurio» – rivista romana di politica, arte e scienze diretta da Alba de Céspedes – due poesie: Solo per noi (maggio 1945) e Mito (marzo-­‐maggio 1947), mentre poco dopo, nel 1948, altre sue liriche appaiono nella prestigiosa antologia dei Poeti scelti curata da Giuseppe Ungaretti e Davide Lajolo nella collana mondadoriana «Lo Specchio».

«Non pensavo mai di diventare uno scrittore. Pensavo di avere buone chances in poesia...». Ascoltate l'intervista (incomincia proprio così) nella quale Andrea Camilleri rievoca le tappe salienti del suo percorso umano e artistico e apprenderete questo ed altro dalla sua viva voce: dal suo intrigante fascino affabulatorio di narratore di storie, storie non solo scritte, non solo inventate.

Marco Marchi

(continua)

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