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L’iper-inetto. ‘Passaggi’ da ‘Sul finire’ di Giacomo Trinci

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Giacomo Trinci

Firenze, 10 aprile 2013

Passaggi

...il vento dell’ala dell’imbecillità.
C. Baudelaire

non gli riesce niente
a fare niente non gli è mai riuscito,
neanche l’inattivo agisce in lui,
per lui tutto è nel fare spento,
inoperoso agisce, annaspa a mezzo fare
e ride un poco, buono, non si tiene,
spisciancola di qua, di là,
sui muri adulti del dovere,
si direbbe, volendo definire
quel che non può finire,
definire per nulla,
il giorno s’alza, sbalza ogni pensiero,
da un luogo all’altro,
al margine dei fiori,
tiranneggia il possibile, lo tiene
in potenza, potentemente,
sbaglia sempre, fallisce,
ma non fallisce bene,
sempre si tiene al mezzo,
non sfinisce la tela,
a fare niente - bene non riesce,
non riesce all’inettitudine,
perchè c’è sempre quel qualcosa
che un poco c’è, disamato ma c’è,
inconcluso ma vivo,
quindi sbadiglia e ride,
come un idiota vero, come il cielo,
i gigli del campo, vero, gli uccelli,
.......

uccelli del cielo,
gli arride l’alba, il mattino,
gli cola saliva dal mento, beato,
lo guarda guardare che mangia,
lo mangia il bisogno, la cura,
non dura la fame, neppure,
lo stronca, o lei pure si sazia,
una volta, lei pure si spegne,
e lui piange, forse, si bagna,
di lacrime e piscio,
di là, mentre l’acqua ristagna...

mio rivo, poi canta, lui vivo,
ecco che torna, si prova a sorridere
agli altri, per farsi gentile -
vedere, parere d’intorno,
elegante, gentile, sparire,
poi pensa, ma non gli riesce,
pensare è assai duro, è da grandi,
poi canta da solo, rigira la strofe,
balordo, gli occhioni celesti, contado,
di campi l’odore,
dell’erba l’idiota sapore,
poi tenta un fraseggio di luce
che vede lontano sparire,
di subito in subito, muore...

stare dietro alle cose, che l’affanna.
mettersi avanti, invece, stando fermi.
così convinto, il suo tempo tracanna,
guardando tutto, nei suoi piedi inermi.

ora si mangia i pensieri,
lo vedo che pacchia, smargiassa,
pensieri sgranocchia come confetti,
dolcissimi allieta,
ma ingolla a voluttà, ne caca a sfare,
ne ripete a smisura oltre ogni modo,
smisurato contiene l’universo
in tutto quanto cacca ne fa feci,
stringe le pugna come avesse il mondo,
i denti spacca nel mordere materia,
i pensieri divora come nulla
come un frullato di concetti in fuga,
dispensa cerimonie e liturgie
nel banchetto furioso delle idee,
gira rigira il corso di bugie...

la cacca schiaccia i piedi
ne sovrasta,
lo intingola di tutto,
la pietà delle cose lo accartoccia
lo segna la materia,
marca la terra che lo copre intero,
lui si commuove come fosse vero,
reale come il mondo senza mondo,
scaccia la vita chi la vita cerca,
dice fra sé senza nessun perchè,
poi biascica un pensiero e sputa in terra,
condisce il dubbio e lo ricaca fiero,
come fiero del tutto in cui si muove,
sfiorisce sereno come aspettando
quello che viene, dice, prima o poi,
mentre stacca dai piedi quella roba,
a bocca aperta, sollevando il cuore...

guarda i piedi di lei,
fatto di lei si sente, ora non guarda,
si vede come fatto d’altro,
ora è lei, già s’accarezza tutto,
come quando di cielo si sprofonda,
fatto di cielo, d’erba, odore e vento,
rincantucciato in universo e tutto,
si soffia l’aria e sva, svanisce piano,
nell’angolo di mondo, fatto tondo...

– io via, vo’ via,
per sempre, forse, me ne vado,
non mi vedrò che più non mi vedrete,
piomberò dove più, corse la luce
dove affonda il buio, il buio avanza
sfolgorante trattengo le parole,
per avere la vita trattenuta,
me ne vado cantando, sbaracco,
mi barocco suonato, istupidito,
svernato arrivo morso dal mio gelo,
e telo penepolato la tela,
la tesso ad infinito smemorando,
non ricordo più niente, cala il tempo,
dove tempo non v’è, non v’è più guerra,
filastrocca la sera se ne va,
fila la bocca nella sua trafila
di pensieri, d’opere e omissioni,
masticando d’amaro
già prima ogni ritorno d’ogni cosa,
d’ogni parola e cosa e resto avaro...-
così delira il vecchio, mentre piove
la notte cade come pioggia fine,
bagna mente, l’asciuga ad ogni dove,
si siede risgomento dove piove...

Giacomo Trinci 

(da Sul finire, con una nota di P. Maccari, Valigie rosse 2012. Con questa plaquette Trinci ha vinto il Premio Ciampi 2012)

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